Ambasciatore Cile: “Viaggio del Papa tra due presidenze, farà bene”

 

 

ROMA. – Un Paese in buona crescita economica, trainata anche dal prezzo del rame, con una bassa disoccupazione (6,5%) e un debito inesistente, una forte presenza di immigrati da tutto il Sudamerica e la più alta aspettativa di vita del continente latino-americano: ma ancora con problemi gravi come la disuguaglianza sociale – che la crescita economica amplifica – e vecchie piaghe come la questione dei Mapuche, la popolazione autoctona che, tra piccole frange violente, rivendica un maggiore riconoscimento nella multiculturalità.

E’ il Cile che si appresta a ricevere la visita del Papa, dal 15 al 18 gennaio prima della tappa pontificia in Perù fino al 21, così descritto, in un incontro con alcuni giornalisti, da Mariano Fernandez Amunategui, ambasciatore cileno presso la Santa Sede.

“La visita del Papa farà bene al Cile – sintetizza Fernandez -. Sentire un leader mondiale come lui, a noi così vicino, farà bene alla salute mentale e dello spirito. La stessa presidente Bachelet, che con Francesco ha un’identità molto forte, specie su temi come l’ambiente e i migranti, invitandolo ha detto: ‘abbiamo bisogni che il Papa ci visiti'”.

Bergoglio arriverà nel Paese sudamericano in un momento particolare, la transizione tra due presidenti, con l’uscente Michelle Bachelet, centrosinistra, al secondo mandato, ancora in carica, e l’eletto al ballottaggio del 17 dicembre, Sebastian Pinera, centrodestra, in procinto di insediarsi l’11 marzo. Il Papa li incontrerà entrambi: la Bachelet nella visita ufficiale al capo di Stato, Piñera tra le autorità che saranno presenti subito prima nell’incontro al Palazzo della Moneda, a Santiago, la mattina del 16 gennaio.

“Non credo che con Piñera potranno esserci grandi cambiamenti – prevede Fernandez -: non avendo una maggioranza in Parlamento saranno impossibili cambi radicali. Il popolo cileno chiede soprattutto di cambiare la situazione di crescita della disuguaglianza, difficile da tenere sotto controllo in un Paese in crescita. In Cile c’è un vasto movimento che si batte per il lavoro, la salute, i servizi sociali”.

Secondo l’ambasciatore, forti motivi di sintonia con la visione di Bergoglio sono sia l’impegno del Cile nella politica energetica e ambientale (“l’obiettivo del 20% di energie rinnovabili per il 2020-2025 è stato già raggiunto e ora si punta al 30%) sia l’accoglienza dei migranti, che vede una presenza in Cile salita dal 2000 in poi dallo 0,2 al 3% della popolazione totale (di quasi 18 milioni di abitanti), molti dei quali arrivati da Haiti, dal Venezuela, dalla Colombia, anche se le cifre ufficiali sono ritenute in forte difetto tenendo conto solo di chi ha il visto.

Nella tappa a Temuco e incontrando i popoli dell’Araucania, il Papa verrà a contatto con la questione dei Mapuche, “gli autentici cileni”, dice Fernandez, oggi più di un milione, la cui piccola frangia violenta rivendica l’autonomia bruciando chiese, camion e violando proprietà ma non trova mai consenso e rappresentanza alle elezioni, mentre il grosso (“che vota sempre centrodestra nonostante le aperture e l’integrazione ricevute dal centrosinistra”) auspica maggior riconoscimento culturale.

Nel Nord, a Iquique, Francesco sarà invece nella zona “con tanti immigrati, molti dei quali lavorano nelle miniere di rame e litio”, compresi indiani, pachistani, cinesi. In Cile, dove il Papa visiterà per la prima volta un carcere femminile, un grave danno alla Chiesa è stato portato dai casi di pedofilia – emblematico il caso Karadima, quasi un secondo caso Maciel – “e si spera che la presenza di Francesco favorisca un rilancio del ruolo e dell’azione ecclesiale”.

“Lo sentiamo molto vicino a noi, una persona spontanea, che si fa capire – conclude Fernandez -. Colpisce in lui il senso della misericordia: ‘chi sono io per condannare’ è molto, molto nostro”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)