Le auto del futuro fanno scuola guida a Boston e Singapore

 

 

ROMA. – Le auto del futuro, che guidano da sole e sono dotate di intelligenza artificiale, come Kitt della serie televisiva Supercar, non sono più fantascienza: i prototipi stanno facendo ‘scuola guida’ sulle strade di Boston e Singapore e ‘parlano’ anche italiano. Sono stati sviluppati da uno spin-off del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e alla ricerca partecipa Valerio Varricchio, che si occupa di robotica applicata alla guida autonoma.

Al Mit, Varricchio si è trasferito dopo la laurea alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e ha parlato delle sue ricerche a margine di un incontro all’università telematica Giustino Fortunato di Benevento, la sua città d’origine. I prototipi sviluppati dallo spin-off del Mit sono tra le versioni più avanzate delle auto a guida autonoma ottenute finora. Tuttavia, come altri modelli di Google e Tesla, possono apparire un po’ ‘imbranati’.

Tutte queste auto, spiega Varricchio ”guidano da sole in condizioni di estrema sicurezza, ma c’è ancora bisogno di un pilota a bordo che debba essere pronto a intervenire in caso di emergenza”. Il problema, aggiunge, è che hanno comportamenti ancora ”troppo robotici e non sanno interagire in modo naturale con automobilisti e pedoni, perché non sanno anticiparne le intenzioni”.

Solitamente un robot, rileva il ricercatore, ”segue le regole del codice della strada al 100%: ad esempio a un incrocio passa solo quando le strade sono totalmente sgombre, oppure se vede un pedone vicino al ciglio della strada si ferma e non capisce se sta per attraversare o meno, perché non sa leggerne il linguaggio del corpo”.

L’obiettivo è ”rendere queste auto meno robotiche e più umane e per farlo stiamo mettendo a punto algoritmi, alcuni dei quali già applicati ai prototipi in fase di test a Boston e Singapore, che diano all’intelligenza artificiale la capacità di guidare con buon senso, proprio come una persona”.

Quella di ottenere auto a guida autonoma è una sfida partita nel 2007 negli Stati Uniti e adesso coinvolge laboratori e aziende di tutto il mondo. E’ nata con più obiettivi, osserva Varricchio: di sicurezza, perché l’errore umano è la causa di circa il 90% degli incidenti; per estendere la mobilità urbana a disabili, anziani e bambini; e per ottimizzare gli spazi delle città: in media un veicolo è infatti parcheggiato il 95% del tempo.

”Noi stiamo immaginando città – conclude – dove esistano taxi a guida autonoma pubblici o privati che siano al servizio dei cittadini e che possano essere prenotati con uno smartphone”.

(di Monica Nardone/ANSA)