Aspen presenta decalogo su lobbisti, serve una legge

 

ROMA. – Una legge per regolare l’attività di lobbying ed avere così un rapporto “più trasparente” tra chi rappresenta degli interessi e i decisori pubblici ma anche distinguere tra lobbisti che svolgono la professione in modo trasparente e quanti invece sfruttano “l’opacità del sistema per trarne profitto in modo indebito”: sono questi alcuni degli obiettivi principali individuati da un ‘paper’ elaborato dalla Camera di commercio americana in Italia e presentato nel corso di un incontro in collaborazione con l’Aspen.

Secondo il dossier, dal 1976 ad oggi sono stati presentati in Parlamento in tutto 59 progetti di legge, a cui si aggiungono altre 11 proposte sulle pubbliche relazioni, che toccano questo tema ma nessuno è stato approvato e dunque ora tocca alla nuova Legislatura – si legge nel dossier – aprire un dibattito su questo fronte. Sono dieci le raccomandazioni messe nero su bianco dal gruppo di lavoro che ricorda come vi siano esempi virtuosi in alcune Regioni e ministeri, nonché presso la Camera dei deputati.

Oltre alla necessità di una legge vera e propria, nel decalogo spunta la richiesta di istituire un registro pubblico, sempre nazionale, che tenga anche conto dello “storico giudiziario del professionista” e dove ogni soggetto dovrebbe indicare la società di appartenenza e gli argomenti di interesse.

Sarebbe inoltre auspicabile – viene sottolineato – l’adozione di un codice deontologico; la trasparenza dovrebbe però essere a doppio senso: e dunque nel paper si evidenzia anche la necessità di rendere più trasparente il processo legislativo, anche attraverso una maggiore attenzione alla pubblicazione dei documenti.

Altro tema, la tracciabilità degli incontri con un breve resoconto da parte di entrambe le parti, e l’adozione di misure che impediscano chi ha rivestito cariche pubbliche di svolgere attività di lobbying per “congruo periodo di tempo”. Sarebbe opportuno, poi, garantire “il diritto del lobbisti di essere ascoltati” nell’ambito dell’esame di provvedimenti che incidono sugli interessi da loro rappresentati.

Per garantire infine che tutte queste intenzioni non rimangano sulla carta, sarebbe necessario introdurre sanzioni “economiche e che incidano sulla reputazione”, un monitoraggio dell’efficacia delle regole e l’istituzione di un comitato o di un’autorità per la valutazione delle politiche pubbliche.

(di Chiara Scalise/ANSA)

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