Colle in silenzio elettorale, ma il crinale è l’Europa

ROMA. – Sergio Mattarella è da settimane in modalità “silenzio elettorale”. Ma ciò non significa che gli uffici del Quirinale siano dormienti. Girano i sondaggi, si prepara la tempistica delle consultazioni e si lavora agli scenari post-voto cercando di penetrare in anticipo i misteri del Rosatellum che al Colle è considerato un vero rebus. Il presidente Mattarella sta limitando al massimo esternazioni e contatti con la stampa, fedele all’impostazione di assoluta non ingerenza al dibattito politico sulla quale ha fondato il suo settennato.

Ma gli interrogativi sulle elezioni italiane crescono e le cancellerie guardano al Belpaese con un misto di curiosità e preoccupazione. Il voto del 4 marzo cade in un momento di svolta per gli equilibri europei e si interseca pericolosamente con le incertezze sul futuro governo tedesco.

Logico quindi che all’estero, pragmaticamente, chiedano al presidente spiegazioni sul tasso di europeismo degli italiani e delle forze politiche. Un europeismo che, ha riconosciuto lo stesso Mattarella, non scalda più il cuore degli italiani ma resiste nei cittadini in una bolla di pragmatica ineluttabilità. E che va al più presto “recuperato” sfruttando al massimo l’onda di Macron in Francia in una corsa contro il tempo che avrà il suo traguardo nelle elezioni europee del 2019.

E’ quindi l’Europa il crinale da difendere per il Colle che sta registrando con sollievo l’affievolirsi delle pulsioni antieuropee nei programmi dei principali partiti. E a questi interrogativi che Mattarella risponde nei suoi incontri internazionali a Roma, nelle sue visite all’estero come quella della settimana scorsa in Portogallo (dove ha potuto avere uno scambio di opinioni anche con il re di Spagna Felipe) o quella di questa settimana nel Paese forse più europeista d’Europa, l’Irlanda.

“Serve una comune visione sul futuro dell’Europa”, ha ribadito solo ieri da Dublino lasciando trasparire quale è l’argine che non deve essere superato anche in Italia. Resta quindi il silenzioso presidente – come succede in tutti i momenti di fisiologico indebolimento della spinta governativa – il garante della stabilità e della coerenza delle linee fondamentali della politica estera italiana. Fin qui l’Europa.

Ma naturalmente al Quirinale ci si prepara alla formazione del nuovo Governo. Con tranquillità ma con scrupolo. Se l’avvio formale delle consultazioni si può ragionevolmente collocare tra fine marzo e i primi di aprile (la settimana santa non bloccherà i lavori, si assicura), Mattarella potrà avere già molti dati sulla tenuta di una maggioranza dall’elezione del presidente della Camera.

Se infatti per l’elezione del presidente del Senato i tempi sono velocissimi (due giorni) visto che si arriva in breve a un ballottaggio tra i due più votati, ben diverso è il meccanismo della Camera. A partire dal 23 marzo quando le Camere saranno convocate si inizierà a capire qualcosa di quanto si vedrà alle consultazioni.

In caso dell’assenza di una maggioranza chiara i partiti dovranno necessariamente lavorare ad un nome forte per la presidenza della Camera. Il regolamento prevede infatti che si parta con la maggioranza dei due terzi e si passi poi a maggioranza assoluta. Servirà quindi un accordo politico di una certa serietà che potrebbe poi essere trasferito alle successive consultazioni.

Ma questo tipo di maggioranza potrebbe comportare molte fumate nere e quindi un allungamento non prevedibile dei tempi di avvio delle consultazioni. Ma anche favorire una decantazione post-elettorale utile a far emergere un nome aggregante per guidare un governo di coalizione. Larghe intese? Al Quirinale gira una battuta: “purchè non si tratti di “lasche” intese”.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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