Svolta nel Russiagate, incriminati 13 cittadini russi

Il procuratore speciale Robert Mueller. Russiagate
Il procuratore speciale Robert Mueller

NEW YORK. – Svolta nel Russiagate. Per la prima volta sono stati emessi dei capi di accusa contro ambienti legati al Cremlino che – secondo gli investigatori – hanno interferito sulle elezioni presidenziali del 2016. A dare l’annuncio il procuratore speciale Robert Mueller, che coordina le indagini e che ha messo a punto un provvedimento in cui vengono incriminati 13 cittadini russi e tre entità legate a Mosca. Provvedimento che è stato fatto proprio da un gran giurì federale.

Nelle 37 pagine del documento elaborato da Mueller si spiega come i soggetti individuati, attraverso un uso illegale dei social media, hanno fomentato le divisioni politiche nel periodo della campagna elettorale per le presidenziali americane, mettendo in campo azioni per sostenere la candidatura di Donald Trump e screditare la candidata avversaria del tycoon, Hillary Clinton.

E’ la prima volta dall’inizio dell’inchiesta che vengono formalizzate accuse ben precise ad ambienti legati a Mosca. Mentre prosegue il lavoro di investigatori e inquirenti sul fronte interno del Russiagate, con l’ex stratega di Trump, Steve Bannon, interrogato per oltre venti ore dagli uomini del procuratore speciale.

Una ‘conversazione-fiume’ che preoccupa non poco la Casa Bianca, che teme lo spirito di rivalsa dell’ex consigliere principe, personaggio molto controverso e legato ad ambienti di estrema destra, silurato dopo essere stato nei primi mesi della presidenza del tycoon una delle persone più influenti a frequentare lo Studio Ovale.

I soggetti russi individuati dagli investigatori “hanno coscientemente e intenzionalmente cospirato per truffare gli Stati Uniti con il proposito di interferire con i processi politici ed elettorali americani”, si legge nel provvedimento di Mueller. Nessuno dei russi sui quali viene puntato il dito è al momento sotto custodia delle autorità.

Nel documento viene in particolare citata la Internet Research Agency, un’organizzazione russa con la quale i 13 incriminati hanno lavorato o avuto contatti. La società e i 13 accusati – come hanno appurato gli investigatori – hanno iniziato a lavorare già nel 2014 per mettere a punto un piano per influenzare l’elettorato in vista del voto del novembre 2016.

Ricorrendo all’uso dei social media – da Facebook a Twitter a YouTube – hanno diffuso fake news a valanga e hanno anche contattato “ignari individui” associati alla campagna di Donald Trump. Il 10 febbraio 2016 è per gli uomini di Mueller la data in cui i russi accusati hanno iniziato a far circolare all’interno della loro organizzazione i temi su cui concentrare la loro azione per “avvelenare” la politica americana, e – si legge – “usare ogni opportunità per criticare Hillary Clinton”.

Ma non Donald Trump e l’altro candidato democratico, Bernie Sanders: “Loro li appoggiamo”, sarebbe stata la direttiva all’interno dell’organizzazione. “Non c’è alcuna prova che i risultati delle elezioni presidenziali del 2016 siano stati influenzati da questi fatti”, ha intanto ripetuto il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein incontrando i giornalisti. E’ stato lui stesso ad informare il tycoon della svolta delle indagini, prima che fosse ufficializzata.

Una mossa quella di Mueller che nei prossimi giorni rischia di inasprire i rapporti già tesi con il Cremlino. Che intanto, per bocca della portavoce della diplomazia russa Maria Zakharova, ha bollato come “un’assurdità” le incriminazioni: “Tredici persone si sarebbero ingerite nelle elezioni americane?! Tredici contro il bilancio miliardario dei servizi segreti? Contro lo spionaggio e il controspionaggio? Contro le nuovissime elaborazioni e tecnologie… assurdità? Sì, ma questa è l’odierna realtà politica americana”, ha scritto su Facebook la Zakharova.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)