Oscar: Attori protagonisti, in pole position Oldman

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Darkest Hour: la trasformazione di Gary Oldman è da Oscar

ROMA. – Dalla lista dei grandi attori che non hanno vinto un Oscar, dovrebbe uscire quest’anno finalmente Gary Oldman, che si presenta come assoluto favorito (ha appena conquistato anche il suo terzo Bafta) per la statuetta come miglior attore protagonista, grazie alla performance nei panni di Winston Churchill in L’ora più Buia.

Tra gli avversari più pericolosi il già tre volte vincitore Daniel Day-Lewis, con quella che dovrebbe essere la sua ultima interpretazione prima del ritiro dalle scene, in Il filo nascosto e il 22enne Timothée Chalamet, rivelazione della stagione con il racconto di formazione, anche amoroso, Chiamami col tuo nome. In shortlist ci sono anche un altro attore emergente, Daniel Kaluuya, con l’horror satirico Get Out e un po’ a sorpresa (molti si aspettavano in cinquina Tom Hanks per The Post) il già due volte ‘oscarizzato’ Denzel Washington per il legal drama Roman J. Israel, Esq.

Dalla punk star Sid Vicious (Sid & Nancy) a Lee Harvey Oswald (J.F.K) passando per l’agente segreto George Smiley, in La spia, che gli ha portato la sua prima candidatura agli Oscar, Gary Oldman, classe 1958, ci ha abituato a tante indimenticabili trasformazioni attoriali. Nel pieno di una stagione, iniziata da qualche anno, di maggiore serenità, personale e artistica, regala un’altra straordinaria prova in L’ora più buia di Joe Wright. Per somigliare al primo ministro inglese, l’attore si è sottoposto a lunghe ore di trucco ogni mattina (sveglia all’1.45), un processo ” stranamente liberatorio – ha detto all’Independent – Quando indossi una maschera perdi le tue inibizioni”.

Sperando comunque ci ripensi, Daniel Day-Lewis, dà l’addio alla recitazione, con Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson. Un canto del cigno alla sua altezza, vista la ricchezza emotiva con cui l’attore, sei nomination all’Oscar e tre statuette vinte (per Il mio piede sinistro, Il petroliere e Lincoln) ritrae Reynolds Woodcock, stilista britannico stella negli anni ’50 perfezionista e ipersensibile, che cambia la sua vita quando si innamora.

Lewis era affascinato dall’ambientazione del film, Londra dopo la guerra: ”I miei genitori mi raccontavano storie su quegli anni, sentivo di averle in me – ha detto a W magazine -. E mio padre (il poeta e scrittore Cecil Day Lewis, ndr) assomigliava molto a Reynolds Woodcock. Se un poeta non è preso da se stesso, chi lo è?”.

Ventidue anni, nato a New York, da madre americana, attrice e ballerina a Broadway e padre francese, Timothée Chalamet in una stagione, da promessa è diventato uno dei giovani attori più richiesti di Hollywood. La prima nomination all’Oscar gli arriva per l’intensità con cui dà vita al ruolo di Elio, 17enne che in una calda estate italiana perde la testa per il 23enne Oliver (Armie Hammer), in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino.

Chalamet, apprezzato anche per la prova in Lady Bird di Greta Gerwig, ha paragonato il lavoro di Guadagnino con i suoi collaboratori ”a quello della factory di Warhol. So quanto sarà difficile ritrovare qualcosa di simile”. Intanto lo vedremo, fra gli altri, nel dramma Beautiful boy con Steve Carell e la nuova commedia di Woody Allen, A rainy day in New York, della quale ha devoluto l’intero cachet al movimento #metoo.

L’enorme successo dell’horror satirico Get out di Jordan Peele, candidato agli Oscar anche come miglior film, regia, e sceneggiatura originale, deve molto al carisma del suo protagonista, Daniuel Kaluuya, altra ‘new entry’, fra le nomination. Classe 1989, nato a Londra da genitori ugandesi, Kaluuya già da anni si è messo in luce grazie alle sue performance in teatro, in serie come Skins e Black Mirror e film come Sicario di Denis Villeneuve. In Get Out interpreta Chris, giovane fotografo afroamericano fidanzato a una ragazza bianca che si ritrova oggetto di un piano diabolico. ”Tutti vogliono avere un riconoscimento per ciò che fai dai tuoi colleghi – ha detto l’attore commentando le nomination – E’ una bella sensazione specialmente se arriva da persone che rispetti”.

Con all’attivo già due vittorie, per Glory e Training Day, Denzel Washington, a un anno dalla doppia nomination (anche come produttore) per Fences, torna in gara con il legal drama Roman J. Israel, Esq di Dan Gilroy. Il film si regge proprio sulla performance del grande attore, nei panni di un avvocato idealista e solitario che compie un viaggio all’inferno quando deve confrontarsi con un mondo sempre più cinico. ”Ho scritto il ruolo apposta per Denzel – ha detto il regista – perché Roman crede nella dignità umana, nella giustizia, e Denzel è un attore che di questi valori fa una base nella vita quotidiana”.

(di Francesca Pierleoni/ANSA)

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