Ai cancelli dell’Embraco, incatenati per non mollare

Un lavoratore dell'Embraco, Daniele Simoni, da 25 anni operaio presso Riva di Chieri, si è incatenato ai cancelli della fabbrica, 20 febbraio 2018. ANSA

TORINO. – Sono amareggiati e disperati i lavoratori dell’Embraco. Sono arrivati in tanti, alle 8, davanti ai cancelli della fabbrica di Riva di Chieri, che la Whirlpool ha deciso di chiudere. Ci sono giornalisti, fotografi, telecamere. E la solidarietà di politica, sindacati e dell’arcivescovo di Torino. La maggior parte lavora qui da più di vent’anni, qualcuno da trenta, anche perché nella zona è l’unica grande azienda rimasta.

Se non succederà nulla dal 24 marzo saranno licenziati quasi tutti: 497 su 530. Uno di loro, Daniele Simone, 54 anni, all’Embraco dal 1993, s’incatena ai cancelli: “Non voglio mollare, è la mia fabbrica che mi ha dato da mangiare per 25 anni. Noi vogliamo solo lavorare. Finché c’è uno spiraglio non molliamo”.

Decine di famiglie dipendono esclusivamente dal futuro di questo stabilimento, hanno paura per loro e per i figli. E’ il caso di Tiziana Lapergola, da 22 anni all’Embraco. “Io e mio marito Gianni lavoriamo qui tutti e due, in questa fabbrica ci siamo conosciuti. Abbiamo due bambine di 7 e 12 anni, se non ci sarà un miracolo non avremo più lo stipendio. Come faremo a mantenerle?”, si dispera.

“Per questa azienda ci siamo spesi tanto, abbiamo accettato flessibilità di ogni genere e pesanti riduzioni di stipendio, abbiamo vissuto sempre sotto il ricatto che la produzione fosse portata altrove. Non ci aspettavamo questa cattiveria gratuita”, racconta Angela Aliano, assunta nel 1988. Ha le lacrime agli occhi Caterina Ronco, 68 anni, in pensione dopo 32 anni all’Embraco: “il mio cuore è qui, ho sempre lottato contro lo smantellamento dell’azienda. Abbiamo anche insegnato a 400 slovacchi a lavorare”.

“Non abbiamo più speranze. Ci hanno tradito”, dice Debora Mistrulli, una delle ultime assunte nel 2000. “L’azienda ha avuto un comportamento disumano, ha respinto ogni proposta. Calpestano tutti i diritti pur di guadagnare di più”, osserva Domenico Cimino, assunto vent’anni fa. Filippo Gerbini, tuta blu Embraco dal 1996, ricorda che l’azienda più di dieci anni fa si era data un codice etico: “ero scettico sul fatto che una multinazionale guardasse al di là di una pura logica di profitti. Non mi sbagliavo”.

Le iniziative continueranno, allo studio c’è una grande manifestazione a Torino il 2 marzo. I riflettori non si spengono, ma tristezza e rabbia si mescolano nei volti e nelle parole degli operai, entrati nella fabbrica quando erano ancora dei ragazzini e oggi a più di 50 anni spaventati dalla prospettiva di “un futuro da precari”.

(di Amalia Angotti/ANSA)

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