Putin stretto fra Erdogan e Assad: impasse Russia

Pesano elezioni e Turkish Stream, obiettivo è summit di Istanbul

MOSCA. – I nodi, in Siria, anziché sciogliersi si stanno ingarbugliando. E la Russia, che sinora ha interpretato con successo e spregiudicatezza il ruolo di play-maker, sta vivendo un momento d’impasse, stretta com’è tra Bashar al-Assad (e il suo azionista di maggioranza sciita, l’Iran) e la Turchia sunnita di Erdogan.

La crisi di Afrin non è altro che un plastico esempio di quanto la strategia d’uscita dal ginepraio siriano non stia andando per il verso sperato da Vladimir Putin. Che ora è impegnato nella volata elettorale in vista del voto del 18 marzo. Intendiamoci, la rielezione è una formalità.

Però, dopo aver annunciato pochi mesi fa “missione compiuta” e aver dato corso al (secondo) ritiro del contingente russo dalle basi siriane – salvo lo stretto indispensabile per disbrigare gli ‘affari correnti’ – l’ultima cosa di cui ha bisogno è dover rimangiarsi la parola: i sondaggi infatti dicono che ormai solo un terzo dei russi sostiene l’avventura siriana.

Ma la pace sfugge e i siriani continuano a morire. Erdogan, nella telefonata con lo ‘zar’ di lunedì scorso, ha detto chiaro che ad Afrin è determinato ad andare sino in fondo pur di neutralizzare il pericolo curdo, l’ossessione di sempre.

Mosca, stando a fonti citate dal quotidiano Nezavisimaia Gazeta, non ha dunque autorizzato la sortita dei governativi finiti poi, pare, sotto il fuoco dei turchi – tant’è vero che gli aerei russi non si sono mossi dalla base di Khmeimim. Non è dunque un caso che l’ambasciatore siriano in Russia, Riyad Haddad, abbia dichiarato “di non avere informazioni” per confermare che le forze siriane siano effettivamente entrate ad Afrin.

Mosca esorta pubblicamente “tutti gli attori esterni” ad arrendersi alla necessità di dialogare con Damasco per risolvere i problemi sul campo e “rispettare la sovranità della Siria” ma, allo stesso tempo, ha chiesto ai vertici siriani di esercitare questa sovranità aprendo a loro volta un canale con i curdi. Che, fino a prova contraria, sono (o dovrebbero essere) in primo luogo siriani.

A complicare gli assetti c’è il dossier Turkish Stream: il gasdotto, in costruzione, è un progetto prioritario per il Cremlino e diversi osservatori evidenziano come Erdogan ne sia perfettamente consapevole. “La Russia – confida un’alta fonte diplomatica europea all’ANSA – è ormai la potenza egemone in Medio Oriente: resta da capire se e come sarà in grado di esercitare questo potere”.

L’attivismo diplomatico è innegabile. Ma gli incidenti si moltiplicano: dalla sortita israeliana, con jet abbattuto, all’imbarazzo per i mercenari russi sorpresi a est dell’Eufrate e spazzati via dalle bombe Usa (il numero dei morti non è ancora chiaro).

Mosca abbozza e punta al vertice di Istanbul (previsto in aprile) per un nuovo round negoziale con Iran e Ankara. Ma il rischio, per Putin, è che il suo ‘cronoprogramma’ venga stravolto da un pericolosissimo domino d’incidenti.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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