La morsa di Trump su Pyongyang, varate nuove sanzioni

(Korean Central News Agency/Korea News Service via AP)

NEW YORK. – La morsa di Donald Trump si fa sentire sempre più forte sul regime di Pyongyang. E mentre la figlia Ivanka vola in Corea del Sud per la cerimonia conclusiva delle Olimpiadi invernali, quelle che hanno segnato un riavvicinamento tra le due Coree, il Tesoro americano vara nuove dure sanzioni che rischiano di essere accolte con una certa irritazione da Seul. Mettendo in difficoltà anche la first daughter impegnata anche in un’offensiva diplomatica.

L’obiettivo dell’amministrazione statunitense è soprattutto quello di colpire chi continua a violare le misure già prese negli ultimi mesi al Palazzo di vetro dell’Onu. “Si tratta del pacchetto più vasto di sempre”, ha sottolineato lo stesso presidente americano, confermando che la linea dura non cesserà fino a quando il programma nucleare e missilistico del governo di Kim Jong-un continuerà a costituire una minaccia per gli Stati Uniti e per i suoi alleati. Un messaggio rivolto anche al governo sudcoreano, tentato dalla strada del dialogo con Pyongyang a prescindere dalla presenza al tavolo di Washington.

Nel dettaglio sono 56 i soggetti colpiti dalle nuove sanzioni Usa, quasi tutte compagnie di navigazione e di spedizioni marittime o società che si occupano di scambi commerciali. Quelle imprese, insomma, che continuano ad utilizzare le proprie navi per far arrivare in Corea del Nord il petrolio necessario ad alimentare i piani di Kim. O per far uscire dal Paese materie prime da vendere ad altri Paesi, come il carbone e altri minerali che finiscono principalmente in Cina. Le navi colpite dalle misure Usa battono prevalentemente le bandiere di Cina, Singapore, Taiwan, Hong Kong, Isole Marshall, Tanzania, Panama e Isole Comore.

Da Washington arriva quindi anche l’ennesimo monito a tutti coloro che sfidano le sanzioni decise dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: continuare a farlo, comporta il rischio di essere puniti ancor più duramente. Non c’è dubbio che la tempistica delle nuove misure decise dalla Casa Bianca rischia di mettere in imbarazzo la ‘missione’ di Ivanka che – non nascondono i media americani – non è solo legata ai Giochi.

Trump, facendo guidare alla sua figlia prediletta la delegazione Usa alla cerimonia conclusiva delle Olimpiadi invernali, ha insomma voluto giocare la carta dell’appeal e della popolarità di cui gode la first daughter, non a caso ribattezzata in questa occasione ‘Charmer in chief’. La sua presenza a Peyongyang è certo ben diversa da quella del vice presidente Mike Pence, il cui recente passaggio non ha lasciato in Corea del Sud un ottimo ricordo, anche per le dure parole usate contro Pyongyang.

Lui che alla cerimonia inaugurale fece di tutto per evitare anche solo lo sguardo della sorella di Kim Jong-un, invitata da Seul in segno di distensione e seduta poco dietro di lui. Sorella su cui da settimane sono puntati gli occhi dei media mondiali, che l’hanno soprannominata “l’Ivanka Trump della Corea del Nord”: non tanto per la somiglianza fisica quanto per la sua capacità di essere carismatica e per i potenti legami familiari.

Certo, anche all’arrivo di Ivanka è stato subito chiaro come le posizioni tra Washington e Seul non siano proprio allineate: con il presidente sudcoreano che ha parlato della necessità di un coinvolgimento di Pyongyang e la figlia del presidente Usa che ha stressato il concetto di “massima pressione”.

Il tutto mentre il Rodong Sinmun, organo del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, rispolvera i toni forti e in un editoriale scrive che Pyongyang ha vettori intercontinentali, da lancio sottomarino e bombe all’idrogeno. Tutti i preparativi per un attacco possibile agli Usa sarebbero pronti: “Il desiderio di denuclearizzare il Nord è più stupido di quello del prosciugamento degli oceani”, avvertono da Pyongyang.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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