La partita del M5S per formare un governo, tramonta asse con la Lega

ROMA. – C’è un triangolo ideale entro il quale Luigi Di Maio si sta orientando per non restare fuori dai giochi di governo. E’ il triangolo che unisce il comitato elettorale pentastellato di via Piemonte, il Colle e il Nazareno. La partita di retroguardia del Movimento, nel momento in cui non raggiungesse la maggioranza assoluta, guarda infatti più alla sinistra che alla Lega, più a un asse “istituzionale” che a un sodalizio populista. Un asse, quest’ultimo, che mal sarebbe accolto da un’Europa che, per il Quirinale, resta un crinale non superabile qualunque sia l’esito delle elezioni.

L’ipotesi di una convergenza tra M5S, Pd e Leu, al momento, rasenta la fantapolitica. E include alcune conditio sine qua non sulle quali nessuno potrebbe scommettere. Innanzitutto, un eventuale tavolo con il Pd avrebbe come presupposto quello di un partito Dem “derenzizzato” e fiaccato da un risultato elettorale disastroso.

Sarebbe, in quel caso, una sorta di riedizione alla rovescia del tavolo del 2013 tra Pier Luigi Bersani e il M5S con Di Maio nella parte del leader “forte” e a capo del partito largamente più eletto. Solo ipotesi che, tuttavia, risultano alimentate dalle aperture a intermittenza di Pietro Grasso e dall’invito, partito oggi da Michele Emiliano e diretto ai vertici Pd, di sostenere un governo M5S nel caso in cui il suo candidato premier avesse l’incarico.

Del resto gli abboccamenti tra il Movimento e una parte della sinistra, in questi mesi, non sono mancati. Al convegno “Lavoro 2025” in platea c’erano esponenti Dem come Gianni Cuperlo o ex Sel come Giorgio Airaudo. E chissà se sia un caso che oggi, nel suo video elettorale, Di Maio usi, per descrivere un possibile esecutivo M5S, le identiche parole dello slogan 2013 del Pd di Bersani: “governo del cambiamento”.

Lo stesso Di Maio in queste ore ripete come, senza maggioranza “ci rivolgeremo a tutti”. E il Pd, in “questo tutti” è più che mai compreso. Con il Movimento che sta ultimando una lista di ministri a due facce: quella composta da esponenti interni (da Alfonso Bonafede a Riccardo Fraccaro fino a Danilo Toninelli o dal fedelissimo di Di Maio Vincenzo Spadafora) e quella composta da “personalità patrimonio del Paese”, come ripetono dal Movimento.

Personalità trasversali, quindi, soprattutto in dicasteri chiave come Tesoro o Esteri. Ministeri per i quali i nomi restano top secret (e la ricerca non facile). Né Lorenzo Becchetti (per il Mef) né Pasquale Tridico (per il ministero del Lavoro), si fa sapere, sarebbero infatti in pole mentre il presidente dell’Ispi, Paolo Magri – candidabile per la Farnesina – sottolinea di non essere stato contattato e che, in ogni caso, non accetterebbe.

(Di Michele Esposito/ANSA)

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