Siria: Ghuta sotto le bombe, Putin vuole pause umanitarie

Siria: Onu accusa Assad, ha usato il gas sarin

BEIRUT. – Mentre l’Onu, gli Usa e l’Europa chiedono un’applicazione immediata della risoluzione del Consiglio di Sicurezza per una tregua di 30 giorni in tutta la Siria, il presidente russo Vladimir Putin scombina le carte e propone invece “pause umanitarie” di non più di cinque ore al giorno per permettere a chi vuole di andarsene dalla Ghuta orientale, l’enclave ribelle alle porte di Damasco su cui continuano i bombardamenti governativi. Il nuovo piano, che dovrebbe diventare operativo da domani, è stato reso noto dal ministro della Difesa di Mosca, Serghiei Shoigu.

Per il governo di Damasco anche gli insorti della Ghuta – membri di due fazioni islamiste e in misura minore qaedisti dell’ex Fronte al Nusra – sono “terroristi” che tengono in ostaggio i civili. E per questo anch’essi, come l’Isis, sono esclusi dalla tregua, approvata sabato con il voto favorevole anche della Russia. Ma in molti  temono che si tratti di un nuovo stratagemma per ‘svuotare’ la regione ribelle da una popolazione ostile al regime, come già avvenuto in altre zone del Paese, come ad Aleppo alla fine del 2016.

La necessità di rendere immediatamente operativa la tregua totale è invece stata ribadita oggi dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che ha definito la Siria un “inferno sulla Terra”, e dall’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, che ha parlato di “mattatoio” di esseri umani. Un’altra ventina di civili, secondo fonti degli attivisti, sono stati uccisi oggi dai raid governativi sulla Ghuta. Nell’est del Paese 25 persone, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus), hanno perso la vita in bombardamenti di aerei della Coalizione a guida Usa contro una sacca di territorio ancora in mano all’Isis.

Nella regione curda di Afrin, nel nord-ovest, cinque civili sono morti sotto i colpi dell’artiglieria e i razzi turchi, mentre forze speciali di Ankara hanno varcato il confine, probabilmente in vista di un’offensiva contro le milizie dell’Ypg.

Per la Turchia queste forze sono comunque “terroriste” in quanto affiliate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). E comunque, ha sottolineato il vicepremier Bekir Bozdag, l’operazione ‘Ramoscello d’ulivo’, che le forze turche hanno avviato ad Afrin dal 20 gennaio, non sarà fermata dalla tregua, perché “include la lotta contro Daesh”, cioè l’Isis.

Decisamente contrario a questa prospettiva si è dichiarato il presidente francese Emmanuel Macron, che in una telefonata con il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan, ha affermato che la tregua “va applicata all’insieme del territorio siriano, inclusa Afrin”.

Secondo l’Ondus almeno altri 17 civili sono stati uccisi in bombardamenti su due località della Ghuta, Duma e Harasta, portando il totale delle vittime a 31 nei due giorni seguiti alla risoluzione sul cessate il fuoco. I servizi di difesa civile della zona ribelle, i cosiddetti Caschi Bianchi, hanno accusato le forze governative di avere compiuto ieri anche un bombardamento con gas cloro sulla località di Shyfuniat, provocando la morte di un bambino e l’intossicazione di diverse altre persone, tra cui due membri dei servizi di soccorso.

L’Ondus ha detto di non essere in grado di confermare la notizia, mentre il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov l’ha smentita definendola “una provocazione” e accusando gli stessi Caschi Bianchi di avere inventato “un sacco di storie false per lo più legate all’uso di armi chimiche”.

(di Alberto Zanconato/ANSAmed)

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