A 4 mesi da “indipendenza” Catalogna sotto l’assedio dei giudici

BARCELLONA. – Sono passati solo 4 mesi ma sembrano anni luce: era il 27 ottobre e a Barcellona i deputati catalani votavano in un clima di fervore rivoluzionario la ‘repubblica’ mentre la folla esultante in un mare di ‘estelladas’ intonava Els Segadors, l’inno nazionale della Catalogna. L’euforia oggi è solo un lontano ricordo. La scure di Madrid si è abbattuta già il giorno dopo sulle istituzioni catalane, decapitandole.

Il governo del premier Mariano Rajoy, con i poteri straordinari votati dal Senato, ha preso il controllo della regione ribelle. E la giustizia spagnola ha fatto terra bruciata. Accusati di sedizione e ribellione (reati che prevedono 30 anni di carcere) i leader catalani sono ‘in esilio’ come Carles Puigdemont in Belgio o in carcere a Madrid, come il suo vice Oriol Junqueras. Dei 13 membri del Govern di Puigdemont 4 sono con lui in Belgio, gli altri sono stati arrestati. Due sono tuttora in carcere, Junqueras e Joaquim Forn, con i leader della società civile indipendentista Jordi Sanchez e Jordi Cuixart.

Sono indagati pure i leader del parlamento uscente fra cui Carme Forcadell, l’ex presidente che ha passato una notte in carcere, le leader dei partiti indipendentisti Marta Pascal, Marta Rovira e Mireai Boya, l’ex capo dei Mossos Josep Luis Trapero. Cause sono aperte in 30 diversi tribunali contro decine di alti funzionari, politici, imprenditori, attivisti e 712 sindaci.

Insomma, uno tsunami politico e giudiziario che condiziona oggi la capacità della Catalogna di rialzarsi. Gli indipendentisti denunciano l’uso politico della giustizia da parte dello Stato spagnolo, un ritorno di vecchi pulsioni del passato franchista.

A Strasburgo 650 avvocati hanno denunciato una lunga lista di violazioni dei diritti fondamentali in Catalogna al Commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks. La situazione è tale che con molto probabilmente il prossimo presidente della Catalogna sarà un carcerato.

I partiti indipendentisti, che hanno sempre la maggioranza assoluta nel Parlament, sono vicini ad un accordo sulla formazione del nuovo governo e sull’elezione alla presidenza di Jordi Sanchez, in carcere preventivo da 4 mesi per le manifestazioni di Barcellona del 20 settembre. L’accordo fra JxCat di Puigdemont e Erc di Junqueras prevede che al presidente deposto – inseguito da mandato di cattura in Spagna – venga riconosciuto un ruolo simbolico di ‘guida politica’ in esilio e che Sanchez diventi il presidente ‘effettivo’.

La mossa manterrebbe alto il livello di conflitto con Madrid. L’immagine di un presidente – detenuto per avere portato avanti il progetto politico dell’indipendenza – condotto in manette in parlamento o costretto a ricevere gli interlocutori stranieri in una cella del carcere sarebbe senza dubbio assai imbarazzante per l’immagine internazionale della Spagna.

(di Francesco Cerri/ANSA)