Lite sui dazi alla Casa Bianca, il piano Trump spaventa leBorse

Tycoon plaude a Cina e Singapore. 'Aprire dibattito nazionale'

NEW YORK. – Alla fine – nel mezzo di una giornata ancora più caotica del solito alla Casa Bianca – Donald Trump decide di andare avanti, costi quel costi. E annuncia che la stretta sulle importazioni di acciaio ed alluminio ci sarà, come promesso in campagna elettorale. E pazienza se tra i suoi più stretti collaboratori non tutti sono d’accordo. A partire dal consigliere economico Gary Cohn, una delle figure di più alto profilo del suo staff, contrario alle misure generalizzate auspicate dal presidente.

Misure che rischiano di innescare una vera e propria guerra commerciale a livello mondiale e che già spaventano i mercati. Ecco allora che quello di Trump è per ora solo “un annuncio informale”, senza quell’ufficialità che il tycoon avrebbe desiderato subito. Tanto che alla Casa Bianca erano stati convocati i vertici delle principali industrie Usa dell’acciaio e dell’alluminio, per una sorta di cerimonia in grande stile.

La decisione finale invece è slittata: “La prossima settimana”, ha assicurato Trump, che ha confermato come la sua intenzione è di imporre dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Ma ancora non vi è alcuna certezza. E nessun altro dettaglio è stato reso pubblico dal presidente.

Molti i nodi che restano irrisolti e che – stando a quanto riportano i media – in queste ore hanno scatenato una vera e propria lite all’interno della West Wing. Come se in questa fase non bastassero le tensioni e la confusione alimentati dalle dimissioni di Hope Hicks, direttrice della comunicazione della Casa Bianca e fedelissima di Trump, dal caso Sessions, il ministro della Giustizia oramai in rotta di collisione col presidente, e dall’affaire Kushner, il genero del tycoon sempre più isolato.

Lo scontro sui dazi rischia però di aprire un nuovo fronte per Trump: quello con l’ex di Goldman Sachs Gary Cohn che – architetto della riforma fiscale – ora guida l’ala ‘globalista’ della Casa Bianca, contrario a dazi da imporre a tutti i Paesi, dall’Europa alla Cina. Dazi – è il ragionamento appoggiato anche dal capo del Pentagono James Mattis – che rischiano non solo di inasprire i rapporti con Pechino o Mosca, ma di compromettere anche i legami con Paesi alleati, con gravi ripercussioni economiche e sul piano della sicurezza.

“E’ un intervento sfacciato a difesa dell’industria americana. L’Europa non resterà immobile e reagirà con forza per difendere i suoi interessi”, minaccia il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker. Mentre per Cohn il piano Trump è “una tassa sugli americani, con i prezzi dei prodotti in acciaio e in alluminio destinati a salire. “E un piccolo prezzo da pagare”, avrebbe risposto il tycoon in un vero e proprio battibecco dietro le quinte.

Ma anche dai vertici repubblicani si alzano voci critiche: “Auspico che il presidente prenda in considerazione le conseguenze involontarie dei dazi e valuti altri approcci prima di andare avanti”, ha detto a chiare lettere lo speaker della Camera Paul Ryan. Frena anche il neo presidente della Fed, Jerome Powell: i dazi non sono l’approccio migliore per rimediare a risultati commerciali negativi, ha spiegato.

Intanto sono bastate le parole di Trump per far tremare Wall Street, che ha reagito con un improvviso crollo che ha portato il Dow Jones a perdere fino a 500 punti, chiudendo poi a -1,73%. Non sembrano preoccuparsi però i ‘falchi’ che appoggiano la linea ultra-protezionista del presidente, a partire dal segretario al commercio Wilbur Ross.

Ma anche due altre figure finora rimaste defilate ma sempre più in ascesa nella cerchia dei consiglieri del tycoon: Robert Lighthizer, il capo negoziatore degli Usa nelle trattative commerciali, e Peter Navarro, direttore del consiglio per il commercio nazionale della Casa Bianca. Tutti convinti fautori del nazionalismo economico che si incarna nel mantra dell’America First. Un tipo di dottrina che un personaggio dal background come quello di Cohn, ex banchiere ed investitore di Wall Street, fa fatica ad accettare. E – comincia a domandarsi qualcuno – chissà fino a quando resisterà.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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