Valle Giulia, 50 anni dopo reduci su luogo battaglia

1 marzo 1968, 50 anni fa la Battaglia di Valle Giulia.

ROMA. – Cinquant’anni dopo saranno una ventina al massimo, in visita nei luoghi della Battaglia di Valle Giulia, che rivelò clamorosamente il Sessantotto italiano. Alla Facoltà di Architettura di Roma in gruppo con gli auricolari, come al museo o in gita turistica. Tutti over 60 almeno, li guida Piergiorgio Ramundo, che quel 1 marzo del 1968 – 27/enne e già laureato in architettura – era tra i duemila studenti che si scontrarono con le forze dell’ordine.

C’è anche Oreste Scalzone, 71 anni, ex leader di Potere Operaio e Autonomia Operaia, extraparlamentare negli anni ’70, poi rifugiato a Parigi. “Ecco, qui arrivammo con il corteo da piazza di Spagna per rioccupare la facoltà sgomberata dalla polizia – racconta Ramundo -. Uno sciagurato ordinò agli agenti una carica e ci vennero contro in pochi contro tutti noi”.

La scalinata di Architettura, in via Gramsci, è chiusa da una cancellata. Sulle scale sottostanti iniziarono gli scontri. “Loro non riuscivano a muoversi bene, avevano questi cappotti pesanti a impedirli”, dice Ramundo. “Lì c’erano i fascisti”, indica verso Villa Borghese, al di là del piazzale con i tram. “Ma non è vero che attaccarono anche loro la polizia – dice -, erano infiltrati”.

Scalzone sta un po’ isolato con Enzo Modugno, che dopo il ’68 divenne un leader del Movimento del ’77; in quell’anno tirò bulloni contro il capo della Cgil Luciano Lama alla Sapienza. “Ero in corteo braccio a braccio con Massimiliano Fuksas (ora un’archistar, ndr) – racconta -, che era fortissimo fisicamente mentre io ero una ‘mezzasega’, e gli dissi: ‘Perche’ non attacchiamo?’. All’inizio, in tanti, prendemmo di sorpresa la polizia, ma ci rendemmo conto presto di essere in trappola”.

“Quel giorno ho visto il professor Asor Rosa roteare un bastone – dice Scalzone – e anche mio cugino Claudio Petruccioli (poi dirigente del Partito comunista e dei Ds, ndr) molto attivo”. “Ma tu non c’entri nulla con Valle Giulia!”, dice Ramundo a Scalzone.

Il capannello si divide, come sempre a sinistra. Si discute della poesia di Pier Paolo Pasolini dalla parte dei poliziotti-proletari. Di capitalismo e di Marx. Come allora. “Non sono nostalgico – dice Scalzone -, ma quella giornata fu marcante” nella storia d’Italia. “Ci diede il senso dell’azione immediata, diretta, qui e ora – aggiunge -, della ribellione”.

“Ci ribellavamo allo ‘statu quo’ – così Ramundo -, per una università diversa. Ma quel giorno il confronto con l’apparato accademico divenne confronto con l’apparato dello Stato. Fu un evento traumatico”.

A Valle Giulia c’è anche il fratello di Piergiorgio Ramundo, Paolo, che con il gruppo degli ‘Uccelli’ occupò la cupola di Sant’Ivo alla Sapienza a Roma, una ‘prima’ assoluta. Si fermano tutti di fronte all’ingresso di Architettura; sulla facciata ancora la scritta gigante ‘Fuori la polizia dall’università’. E i giovani di oggi? “Forse siamo alla vigilia di un ’68 e non lo sappiamo – dice Modugno -. Accade, quando diventa impossibile continuare a vivere in un certo modo”.

(di Luca Laviola/ANSA)