Manifesti spariti, la campagna elettorale è “social”

Solo M5S sfida meteo per chiudere in piazza.Resistono salotti tv

ROMA. – C’era una volta la campagna elettorale. Fatta di attacchinaggio, volantinaggio, gazebo, nottate insonni per accaparrarsi i posti migliori per i manifesti. E grandi comizi di piazza. Nella corsa al voto del 2018 i partiti si spostano in massa nelle piazze “virtuali”, con i leader onnipresenti su social network e negli intramontabili salotti televisivi, da quello storico di Bruno Vespa a quello “familiare” di Barbara D’Urso.

Paradossalmente solo il Movimento 5 Stelle, forza politica nata e cresciuta sulla rete, sfida il meteo e organizza una chiusura della campagna “vecchio stile”, con l’appuntamento a piazza del Popolo a Roma. Qualcuno dà la colpa alla stagione, non proprio favorevole per le adunate all’aperto, ma anche nel 2013 si votò d’inverno. Qualcun altro ricorda che è la prima campagna elettorale in cui i partiti devono fare i conti con la fine del finanziamento pubblico e, quindi, con molte meno risorse a disposizione.

Fatto sta che si tratta di una campagna anomala, fatta a colpi di tweet e post su Facebook, di racconti fotografici su Instagram. E di comparsate continue anche sui vecchi mezzi di comunicazione, tv in testa, ma anche in radio e giornali. Dalla mattina presto a notte fonda infatti i leader, soprattutto loro, parlano incessantemente su tutti i canali, ripetendo le promesse elettorali.

Silvio Berlusconi, che pure si è attrezzato per gli elettori più giovani con messaggi vocali su Whatsapp, l’ha detto proprio: “Penso che sia meno proficuo fare manifestazioni in teatro dove ci sono tutti i nostri sostenitori”. Meglio la caccia all’indeciso sul grande schermo o attraverso interviste in radio. Ma niente confronti tv. Né con Matteo Renzi, che pure li ha invocati a più riprese, né con Luigi Di Maio, che sta girando in lungo in largo l’Italia, come Matteo Salvini, ma anche in questi casi senza prevedere i comizi vecchio stile.

Dei duelli all’americana, cui ci si era abituati nella seconda Repubblica, neanche l’ombra – fatto salvo per il confronto Boldrini-Salvini da Lilli Gruber – complice probabilmente la fine del bipolarismo ma anche il Rosatellum, la nuova legge elettorale ibrida tra sistema maggioritario e proporzionale.

Meglio incontri mirati (‘fate piccoli incontri nei caffè, agli aperitivi’ ha suggerito anche ai militanti il leader Dem che a sua volta ha animato diversi di questi momenti) e poi una sintesi per la stampa, quando va bene, o direttamente sui propri siti e profili Fb. Il leader del Carroccio è arrivato anche a lanciare una sorta di ‘concorso’ sui social, per i militanti più fedeli: il più veloce a mettere il suo like vince ‘Salvini’, una telefonata o un incontro con ‘il Capitano’.

Certo, qualcuno si avventura ancora nei manifesti. Ma magari sbaglia qualcosa e rischia le ironie e le critiche del web, come nel caso dall’apostrofo saltato nello slogan elettorale della candidata Pd Francesca Barra. Oppure si ritrova lo slogan del partito irriso dalla fantasia degli internauti, come nel caso delle famiglie straniere messe accanto alla parola d’ordine leghista “prima gli italiani”. Perché gira che ti rigira, la campagna elettorale non può più esistere senza il web.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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