Lo scontro Occidente-Russia un balsamo per Putin

Evento clou campagna presidenziali, ovazione folla per lo 'zar' EPA/MAXIM SHIPENKOV

MOSCA. – Theresa May parla ai Comuni e lui, lo zar, passeggia sul ponte di Kerch, in costruzione in Crimea, e chiacchierando con gli operai si augura che possa essere completato prima del previsto. A un niente dalle elezioni presidenziali – che si tengono proprio nel giorno del quarto anniversario della ‘riunificazione’ con la penisola ucraina – l’ennesimo scintillar di spade tra la Russia e l’Occidente è un toccasana per Vladimir Putin. Che può presentarsi davanti al popolo come l’eterno alfiere dell’orgoglio russo.

Intendiamoci, non vi è nessun dubbio che lo zar uscirà vittorioso dalle urne. Però al Cremlino c’è un certo nervosismo sulla questione dell’affluenza, elemento chiave per dare legittimità al voto (all’interno e all’esterno del Paese). La disputa con Londra, e per estensione con il solidale blocco occidentale, è perfetta per ricompattare i russi dietro al loro presidente e rivitalizzare non solo la partecipazione alle urne ma anche far partire di slancio il quarto mandato al Cremlino di Putin.

Il mood che serpeggia in Russia, dopo giorni di martellante copertura mediatica del caso Skripal, è stato perfettamente sintetizzato dalla portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova, come spesso le capita: “Non è sano dare ultimatum a una potenza nucleare”. E questo al di là del fatto se la Russia sia o non sia (o come lo sia) responsabile dell’avvelenamento del suo ex agente d’intelligence.

L’uso del ‘novichok’ – particolare composto al nervino – stando a un ex funzionario dei servizi speciali russi è spiegabile infatti solo se l’intenzione era quella di “attirare l’attenzione”. “Il rischio di contaminazione è altissimo: vi sono metodi ben più discreti a disposizione dei professionisti”, ha dichiarato al quotidiano Kommersant.

Insomma, cui prodest? “L’operazione è russa ma Putin non ha dato l’ordine: alcuni settori dell’intelligence hanno agito in modo indipendente”, dice all’ANSA una fonte che ha accesso al Cremlino. Insomma, il partito dei falchi si sarebbe assicurato lo scontro perpetuo con l’Occidente per garantire, naturalmente, se stesso. Detto questo, Putin, volente o nolente, ne trarrebbe “un vantaggio”.

“Dal punto di vista tattico – spiega Valery Solovei dell’Istituto di Studi Internazionali (MGIMO) – può riunire la popolazione intorno a un leader forte; strategicamente potrebbe poi aiutare il rientro dei capitali russi oggi all’estero, nonché normalizzare il rapporto con alcuni oligarchi”.

Questo se Downing Street deciderà di stringere il cappio intorno al collo di certi inquilini eccellenti di ‘Londongrad’. D’altra parte l’inviato di Putin per l’impresa, Boris Titov, ha recentemente tastato il polso della comunità expat russa in Gran Bretagna riscontrando favori all’ipotesi di un rientro in patria, a patto che si cancellino i contenziosi passati. Un’amnistia, dunque. E il Cremlino si è detto disponibile a studiare la pratica.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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