Hawking, le teorie che lo hanno reso celebre

Stephen Hawking e la figlia Lucy Hawking. EPA/FACUNDO ARRIZABALAGA

ROMA. – Ha descritto la nascita dei buchi neri e trovato la formula del loro primo ‘vagito, ha confermato che l’universo è nato dal Big Bang e, soprattutto sognava di integrare le due grandi teorie della fisica contemporanea, quella della relatività di Albert Einstein e la meccanica quantistica: il più celebre dei fisici contemporanei e l’erede della cattedra di Newton nell’università di Cambridge, Stephen Hawking, se ne è andato lasciando una grandissima eredità. Simboliche anche le sue date di nascita e morte: la prima a 300 anni esatti dalla morte di Galileo Galilei, la seconda a 130 anni dalla nascita di Einstein.

La sua visione dell’universo ha rivoluzionato l’astrofisica e la cosmologia e ha catturato l’attenzione di tutti. Risale al 1970 una delle sue teorie più celebri, secondo la quale l’universo deve avere avuto inizio da una singolarità, il punto dal quale tutto è cominciato, il Big Bang il cui nome era stato coniato nel 1949 dal fisico Fred Hoyle.

La sua passione, però, sono stati i buchi neri, al punto che sulla sua lapide avrebbe voluto la formula che descriveva l’energia liberata al momento della loro nascita. Un tema cui avevano collaborato con lui l’astrofisico italiano Remo Ruffini e il matematico australiano Roy Kerr.

Nel 1974 Hawking aveva previsto che i buchi neri perdano progressivamente massa ed energia fino a svanire nel nulla come se ‘evaporassero. La conferma che quell’ipotesi era corretta è arrivata nel 2016. In quello stesso periodo cominciava ad affrontare il secondo tema scientifico che lo avrebbe appassionato fino alla fine: poter unificare due teorie apparentemente inconciliabili, come la relatività di Einstein e la meccanica quantistica.

Il fascino degli argomenti di cui si occupava era tale da renderli immediatamente popolari, come nel 1985 era accaduto per la cosiddetta “freccia del tempo”, nella quale teorizzava che quando l’universo avrebbe cessato di espandersi, cominciando a collassare, sarebbe tornato indietro anche il tempo.

Dieci anni più tardi la sua visione dell’origine dell’universo era tale da portarlo a contraddire Einstein, immaginando che “Dio gioca a dadi”: portava così il caso e l’ignoto in un universo fino ad allora ordinato. I buchi neri e le loro leggi bizzarre erano i protagonisti di questa immagine di un cosmo in continua trasformazione.

Ha infine avuto l’onesta di tornare sui suoi passi, come quando nel 2014 ha rivisto parte delle sue teorie sul comportamento buchi neri, o quando era arrivato a scommettere 100 dollari che il bosone di Higgs non sarebbe stato scoperto.