Russia: i “puteens”, 18enni per la prima volta al voto

I "puteens":sogni e paure di una generazione nata e cresciuta con lo zar

MOSCA. – In Russia c’è una generazione intera che la prossima domenica, a 18 anni compiuti, potrà votare per la prima volta alle presidenziali. Un ‘debutto in società’ di norma celebrato volentieri in ogni democrazia. Però c’è un però. I russi nati a inizio millennio hanno vissuto la vita intera all’ombra di Vladimir Putin. E oggi – mentre si teme il sorgere di una nuova guerra fredda, fra hacker, trolls, crisi nell’est Europa ed ex spie agonizzanti – possono finalmente dire la loro.

A tratteggiare il ritratto corale della classe 1999-2000 sono il Moscow Times (con il progetto Generation P) e l’Economist, che li ha bollati i ‘puteens’ in un (bel) gioco di parole. Il collage di volti e testimonianze, raccolti in tutta la Russia, è strabiliante, colpisce per la sua freschezza ma, anche e purtroppo, per l’alta carica di disincanto.

Prendiamo Said Grishin, di Kazan, nato l’8 ottobre del 1999, studente di lingue e quarterback in una squadra di football americano (sì, esatto). “Io non vedo il mio futuro in Russia, non ho nessun desiderio di cambiare questo paese. Quando noto come vive la gente altrove capisco quanto sia più semplice trasferirsi piuttosto che sprecare inutilmente le mie energie nel cercare di migliorare le cose”. “Putin? E’ fichissimo ma quando è troppo è troppo, io voterò per Ksenia Sobchak: me la ricordo com’era su un numero di Maxim, certe foto…”.

Ira Smirnova, di Vladivostok, nata il 1° ottobre del 1999, è un’attivista del partito dei Lavoratori Rivoluzionari e studia chimica all’università. Molti dei suoi conoscenti sono emigrati in Corea del Sud o in Cina in cerca di paghe decenti. “Gli stipendi nelle scuole o negli ospedali sono bassissimi: chi vorrebbe fare l’insegnante per 10mila rubli al mese?”. Ovvero 130 euro circa. Allo stesso tempo Ira vuole restare in Russia. “E’ il mio paese e lo amo. Quando finirò di studiare andrò a Novosibirsk, lì ci sono buoni laboratori”.

Il virus socialista gliel’ha passato il nonno. “Dicono che al tempo dell’Unione Sovietica mancavano i vestiti, mancava il cibo… ma non è vero. I dissidenti alla Alexander Solzhenitsyn hanno esagerato. La verità è che le grandi conquiste dell’Urss, l’istruzione, la sanità e gli alloggi gratis, oggi stanno diventando sogni inaccessibili per i cittadini normali. E allora che senso ha avere tutti questi prodotti nei supermercati se comunque non possiamo permetterceli?”.

Sonia Bondarenko, di Barnaul, nata il 21 settembre del 1999, invece vuole fare la veterinaria. Il padre ha lasciato la famiglia quando Sonia era in fasce a causa dell’alcolismo. “Beve ancora oggi”, racconta. Sua madre fa l’infermiera in una clinica. Quattrini, in casa, se ne vedono pochi e Sonia cerca di dare una mano alla mamma, alla quale è stato tagliato lo stipendio un anno fa. “Così mi sono avvicinata alla politica. E ho capito quanti soldi ci vengono rubati. Non sono l’unica a pensarla così, tutti i giovani sono arrabbiati”. Il suo candidato è Alexei Navalny e a scuola l’hanno ripresa più volte per le sue idee. “Ci hanno detto che se non votiamo per Putin ci sbattono fuori dallo studentato”.

Chi invece voterà proprio per Putin (se voterà) è Yevgeny Syutev, di San Pietroburgo, nato il 18 luglio del 1999, meccanico. “Io mi mantengo da solo da quando ho 16 anni, vivo con la mia fidanzata: uno se vuole può fare tutto, in ogni condizioni, con ogni governo. Io potrei votare per Putin perché non ho problemi e non mi sento oppresso: quando vedo le persone andare alle manifestazioni ho paura che tutto finisca come in Ucraina, dove si sparano fra di loro”.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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