Accusa peculato per Ingroia, sequestrati 151 mila euro

Antonio Ingroia ospite della trasmissione Rai "Porta a porta" condotta da Bruno Vespa, Roma, 20 febbraio 2018. ANSA/ANGELO CARCONI

PALERMO. – In 20 mesi di viaggi tra Roma, città in cui vive da quando ha lasciato la magistratura, e Palermo, dove ricopriva la carica di amministratore della società regionale Sicilia e- Servizi, solo di alberghi e ristoranti ha speso 37mila euro. Hotel di lusso come il celebre Villa Igiea, storica residenza scelta da Giulio Andreotti nelle sue trasferte processuali nel capoluogo, e locali glamour come il “Castello a Mare” dello chef Natale Giunta, tutti pagati dalla Regione. Indebitamente, dicono i magistrati che accusano di peculato un indagato eccellente, l’ex collega Antonio Ingroia.

Il reato contestato è il peculato e all’avviso di garanzia dei mesi scorsi oggi è seguito il sequestro. Trentasei pagine firmate dal gip che, accogliendo la richiesta della Procura, ha “congelato” 151mila euro dell’ex pm. L’indagine, che nasce da una segnalazione della Corte dei Conti, poggia su due aspetti: quello dei rimborsi indebiti e quello dell’indennità di risultato incassata, a dire della Procura, altrettanto illegittima.

Appesa la toga al chiodo e tentata, senza fortuna, la strada della politica, con il flop elettorale alle Politiche del 2013 con la sua lista Rivoluzione Civile, Ingroia venne nominato dall’ex governatore siciliano Rosario Crocetta liquidatore di Sicilia e-servizi, società in house della Regione a capitale interamente pubblico. Una precisazione importante questa che spiega perché all’ex magistrato si contesti il peculato, reato attribuibile solo ai pubblici ufficiali.

Per tre mesi, nel 2013, Ingroia ricopre l’incarico di liquidatore, ma invece di chiudere la baracca ottiene utili per circa 150mila euro. Un successo? Per lui sì evidentemente, visto che, bypassando l’assemblea dei soci, si liquida in pieno conflitto di interessi un’indennità di risultato di 117mila euro.

Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, i pm puntano il dito contro l’ammontare dell’indennità. La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. Stipendio fissato per Ingroia in 50mila euro, ma che per il 2013, avendo lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore.

Peraltro la somma intascata dall’ex manager – il neogovernatore Nello Musumeci non l’ha confermato – riduce l’utile della società informatica della Regione a poco più di 33mila euro. Nel conto di Ingroia, insomma, finisce poco meno dell’80% degli utili della società.

Gli inquirenti starebbero valutando anche gli anni successivi al 2013 quando, da liquidatore, Ingroia diventa amministratore unico della Sicilia e-Servizi, carrozzone regionale mai dismesso. Sotto inchiesta, poi, finiscono anche rimborsi per spese di viaggio per 37mila euro. Dovuti solo per i trasporti, diceva una norma regionale, estesi a vitto e alloggio da Ingroia con una delibera che lui stesso ha firmato.

“Ho la coscienza a posto perché so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito e come dimostrerò nelle sedi competenti”, ha replicato l’ex magistrato.

(di Lara Sirignano/ANSA)