Dalla web tax Ue possibili introiti fino a 8 miliardi

BRUXELLES. – L’offensiva dell’Europa contro Google, Amazon, Facebook, Apple, Airbnb, Booking.com e gli altri big dell’economia digitale segnerà mercoledì prossimo il suo primo punto. Il fisco ‘light’ di cui hanno finora beneficiato sta per finire, perché per rimediare alla maxi-evasione legale che gli Stati membri non vogliono più tollerare, la Commissione Ue presenterà la sua proposta di ‘web tax’, attesa da settembre scorso.

E’ una misura ‘temporanea’ (in attesa di un’intesa a livello Ocse), applicabile da subito non appena ci sarà l’ok di tutti gli Stati Ue. L’aliquota dovrebbe essere tra l’1% e il 5% (probabile il 3% nella versione finale) del fatturato, in grado di generare un gettito fino ad 8 miliardi di euro all’anno.

La web tax si applicherà alle aziende con un fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro annuali, con ricavi di almeno 50 milioni generati nella Ue. Ricavi prodotti attraverso la vendita di abbonamenti (come Netflix, Spotify e Apple), la cessione di dati a terzi (come per le pubblicità mirate di Amazon e Booking) o la vendita di spazi pubblicitari. Non colpirà solo le aziende Usa, fanno notare fonti europee, ma anche molte asiatiche ed europee.

La Commissione parte prima di tutto dai numeri: le imprese tradizionali locali, in Europa, pagano il 20,9% di tasse, quelle internazionali il 23,4%. Numeri dimezzati per le aziende digitali: quelle locali pagano l’8,5%, quelle straniere il 10,1%. Grazie al fatto che i loro asset intangibili sono altamente mobili.

L’obiettivo è sempre quello di riuscire a tassare il valore laddove viene generato, principio su cui si basa tutta la strategia Ue sul fisco delle imprese. La soluzione ottimale, secondo Bruxelles, sarebbe però assoggettare le imprese digitali allo stesso fisco delle altre. Per questo metterà sul tavolo anche un’altra proposta, ma di attuazione troppo lenta per soddisfare le attese degli Stati come Germania, Francia, Italia e Spagna che chiedevano un’azione rapida.

La soluzione ideale fissa parametri per stabilire quand’è che un’azienda digitale ha una presenza stabile in un Paese e deve quindi pagare la normale tassa sulle imprese. Ad esempio, quando ha almeno 100mila utenti. La soluzione ‘temporanea’ ha anche lo scopo di attendere il lavoro a livello globale che si sta facendo in sede Ocse: già lunedì ci sarà un primo confronto sulle intenzioni dell’organizzazione. Iniziative che verranno finalizzate non prima del 2020, troppo tardi per un’Europa che ogni anno perde miliardi in tasse non pagate, e la faccia di fronte ai cittadini.

(di Chiara De Felice/ANSA)