Aldo Moro: via Fani, il film dell’agguato

Venerdì 40mo anniversario del rapimento di Aldo Moro. La vicenda del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro

ROMA. – Giovedì 16 marzo 1978: le Brigate Rosse portano l’attacco “al cuore dello Stato” prendendo in ostaggio il presidente della Dc, Aldo Moro e massacrando la sua scorta. Ecco come si è svolto l’agguato quella mattina in via Fani. Intorno alle 8.45 Moro esce dalla sua casa in via del Forte Trionfale 79. Ad attenderlo la sua scorta: due carabinieri (Domenico Ricci e Oreste Leonardi) e tre poliziotti (Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino).

Il politico entra sulla sua Fiat 130 blu: Ricci guida, al suo fianco Leonardi, il capo della scorta. Moro si accomoda nel sedile di dietro e sfoglia la mazzetta dei giornali. I tre poliziotti salgono sull’altra auto, un’Alfetta. Il piccolo convoglio è diretto verso la Camera dove si discute la fiducia per il quarto Governo Andreotti.

Dopo pochi minuti – sono quasi le 9 – la corsa delle due vetture si arresta bruscamente a via Fani, incrocio con via Stresa. L’autista di una 128 bianca familiare con targa del corpo diplomatico inchioda improvvisamente causando un tamponamento con la 130 e l’Alfetta.

Due uomini scendono dalla 128 imbracciando un mitra ed aprono il fuoco sugli agenti di sicurezza. Lo stesso fanno altri compagni sbucati da una siepe (il numero esatto dei componenti del commando è uno dei tanti misteri del caso). Una manciata di secondi in cui il silenzio della tranquilla zona residenziale è squarciato dal rumore assordante dei proiettili.

Gli occupanti delle due auto, colti di sorpresa, non hanno neanche il tempo di reagire: soltanto Iozzino riesce ad impugnare la pistola prima di cadere. Moro viene strappato di peso dal sedile posteriore della sua auto e caricato su una 132 che parte a tutta velocità verso via della Camilluccia seguita da altre due vetture.

A terra – crivellati di colpi – rimangano Leonardi, Ricci, Iozzino e Rivera. Zizzi morirà poco dopo in ospedale. Iniziano i 55 giorni più bui della storia della Repubblica, conclusi il 9 maggio con l’uccisione dello statista.

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