Onu: carenza d’acqua per 5 miliardi di persone nel 2050

Clima e aumento della popolazione tra le cause.

ROMA. – Cinque miliardi di persone, nei prossimi decenni, dovranno fare i conti con carenze d’acqua, a meno che la comunità internazionale non cominci a gestire meglio le risorse idriche della Terra usando pratiche basate meno sul cemento e più sulla natura. L’avvertimento arriva dal nuovo rapporto dell’Onu, che mette in guardia su un futuro fatto di campi aridi e rubinetti all’asciutto.

Lo studio, presentato a Brasilia in vista della Giornata mondiale dell’acqua che ricorre il 22 marzo, evidenzia che nel 2050 tra 4,8 e 5,7 miliardi di persone potrebbero dover fronteggiare una carenza di risorse idriche per almeno un mese all’anno, a fronte dei 3,6 miliardi di oggi. Nello stesso arco di tempo, la popolazione mondiale dovrebbe passare da 7,7 miliardi a 9,4-10,2 miliardi.

Attualmente l’uomo attinge dal Pianeta 4.600 chilometri cubici d’acqua all’anno, di cui il 70% va all’agricoltura, il 20% all’industria e il 10% alle famiglie. Il consumo globale è sestuplicato nell’ultimo secolo e continua a crescere al ritmo dell’1% all’anno. In pratica, fra trent’anni il mondo potrebbe aver bisogno del 30% d’acqua in più rispetto a quella usata oggi, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo.

Su questo quadro pesano – oltre all’aumento degli abitanti della Terra – il progressivo inquinamento delle acque causato in primis dai fertilizzanti agricoli, insieme al degrado delle foreste, delle zone umide e dei terreni. Un carico ulteriore arriva dal cambiamento climatico che ridurrà le piogge in varie parti del mondo, dall’Europa mediterranea al Sudamerica, passando per l’Africa meridionale.

La situazione espone a rischi di instabilità, spiegano gli esperti. In un mondo in cui già 840 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, “la scarsità di questa risorsa può portare a disordini civili, migrazioni di massa e persino conflitti”, sottolinea Audrey Azoulay, direttrice generale dell’Unesco che ha commissionato il rapporto.

Una soluzione però c’è: prevede più alberi e terreni, meno acciaio e calcestruzzo. Esistono azioni ‘naturali’ che possono ridurre lo stress su fiumi, laghi, falde e bacini idrici. Si va dalla tutela delle zone umide agli spazi verdi urbani.

Ma la chiave di volta è nell’agricoltura, che più di tutti consuma e inquina. Pratiche come l’uso delle acque piovane e la rotazione delle colture, concludono gli studiosi, possono ridurre il consumo d’acqua e allo stesso tempo aumentare le rese agricole per sfamare una popolazione mondiale in crescita.

(di Laura Giannoni/ANSA)