Banksy torna a New York, murales a Brooklyn e Manhattan

NEW YORK. – Banksy è tornato a New York. L’elusivo eroe britannico della Street Art ha colpito a Manhattan e Brooklyn e a quanto pare il suo blitz nella Grande Mela non è ancora finito. La “Primula Rossa” della bomboletta si è attribuito su Instagram due murali a Midwood, non lontano da Coney Island. Il primo, lungo la parete di una stazione di servizio in disuso, è un commento per immagini contro capitalismo e “gentrificazione” – un imprenditore immobiliare armato di una frusta rossa a forma di saetta scaccia un gruppetto di bambini, una donna di colore e un uomo anziano – mentre l’altro, più piccolo, raffigura una foca che tiene in equilibrio sul naso un palloncino rosso.

Era dal 2013 che il maestro di Bristol era assente da New York. Considerato universalmente uno dei più influenti maestri della Street Art, Banksy crea stencil caratterizzati da immagini singolari ed umoristiche, a volte accompagnate da slogan.

L’ultima volta la “residenza” dell’artista di Bristol aveva coinciso con la clamorosa decisione del tribunale di dare luce verde alla demolizione di 5Pointz, la mecca dei graffiti di Queens. Banksy si era fermato nella Grande Mela per un mese producendo un’opera al giorno e allora come oggi era scattata la caccia ai murales e al suo autore.

Prima della scoperta dei graffiti di Midwood, ne era comparso un altro a Manhattan ad alto contenuto politico: una protesta contro l’imprigionamento nel marzo 2017 di Zehra Dogan, una giornalista e artista turco-curda accusata dal governo turco di complicità con il movimento di resistenza armata curda PKK. Zehra era finita dietro le sbarre per aver dipinto un’immagine di Nusaybin, una città a maggioranza curda distrutta dalle forze di Ankara.

“Penso molto a lei. Io ho dipinto molte più cose che avrebbero meritato la prigione”, ha mandato a dire Banksy al New York Times e poi su Instagram: “Condannata a tre anni per aver dipinto una sola cosa”. Il murale, all’angolo tra Houston e la Bowery, è composto da tacche nere – i giorni di detenzione – raggruppati come se fossero le finestre di una prigione, dietro una delle quali è ritratta la Dogan: è stato dipinto in collaborazione con Borf, un writer newyorchese il cui vero nome è John Tsombikos e che ha passato tempo in prigione per la sua arte ai confini della legalità.

(di Alessandra Baldini/ANSA)