Pd: torna “caminetto” sui presidenti di Camera e Senato, Renzi dà forfait

L'ex-segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. (FOTO ANSA/ANGELO)CARCONI

ROMA. – “Niente caminetti e niente inciuci” disse Matteo Renzi il 5 marzo annunciando le dimissioni da segretario del Pd. Quella frase spiega la decisione dei renziani di non partecipare al vertice dei Dem in programma in tarda serata, per decidere la posizione da tenere in occasione dell’elezione dei presidenti delle Camere e per affrontare il nodo dei capigruppo Dem nei due rami del Parlamento, su cui il reggente Maurizio Martina sta tentando una difficile mediazione tra renziani e le altre componenti del partito.

Al Nazareno per il “caminetto” aborrito da Renzi ecco la presenza, oltre di Martina, dei leader della minoranza Michele Emiliano e Andrea Orlando, nonché di Dario Franceschini, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Luigi Zanda e Matteo Orfini. Assenti Matteo Renzi, che arriverà a Roma domani per l’assemblea congiunta dei gruppi, e Luca Lotti e Maria Elena Boschi, ufficialmente per impegni istituzionali ma in realtà per sabotare la riunione.

Renzi aveva detto “no” ai “caminetti” tra leader di correnti facendo capire di temere la volontà di un accordo con M5s per il governo. Di qui la sua insistenza per avere due dei suoi, come Lorenzo Guerini alla Camera e Andrea Marcucci al Senato a guidare i gruppi.

Certo, ci sono anche le vicepresidenze di Senato e Camera, e le presidenze delle Commissioni che spettano all’opposizione (Copasir e Vigilanza); ma i capigruppo sono in grado di impedire “inciuci”. “Inciuci” che però tutti gli altri leader di corrente negano di voler fare, come ha garantito Martina anche pubblicamente.

Le altre componenti chiedono che almeno uno dei due presidenti di gruppo non sia renziano. Se fosse Marcucci a fare il passo indietro (dirottato sulla vicepresidenza del Senato) in gioco potrebbero entrare Matteo Richetti, Roberta Pinotti, Gianni Pittella, ma non il lombardo Franco Mirabelli. Sì, perché c’è anche il tema dell’equilibrio regionale: Martina è lombardo, così come Guerini, che a questo punto sembra avere più chance, avendo buoni rapporti con Andrea Orlando e Gianni Cuperlo.

Se il passo indietro fosse il suo, alla Camera entrerebbero in gioco o un esponente delle minoranze (Andrea Orlando, Francesco Boccia, Barbara Pollastrini) o Graziano Delrio, sempre più dubbioso se candidarsi alla segreteria, dopo l’annuncio di candidatura da parte di Nicola Zingaretti.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

Lascia un commento