Missione Governo: difficile l’accordo sulle presidenze

Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Basilicata
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi . ANSA/ PRESS OFFICE/ LIVIO ANTICOLI

ROMA. – Il centrodestra si compatta e “lascia” la presidenza della Camera al Movimento Cinque stelle. Tiene per sé quella del Senato, dove dalla terza votazione sarà autosufficiente, ma lancia un nome poco gradito all’M5s, quello del forzista Paolo Romani. Sembra una piccola vittoria di Silvio Berlusconi che così rilancia la palla nel campo avversario dove Luigi Di Maio appare in difficoltà e rilancia facendo sapere che l’M5s non voterà mai un condannato. E Paolo Romani lo è.

Comunque è probabile che sia una guerra di nervi e che alla fine se i Cinque stelle non voteranno Romani, non lo ostacoleranno. Da venerdì si fa sul serio e le parole lasceranno spazio ai fatti: partono le votazioni in aula per le presidenze e alla Camera, secondo lo schema disegnato dal vertice del centrodestra, i deputati di Salvini, Berlusconi e Meloni dovrebbero votare un candidato grillino.

Cosa che pone un doppio problema: lo schieramento di destra si potrebbe trovare a dover sostenere – seppur a voto segreto – un nome scelto dall’M5s, per esempio Roberto Fico. Figura certamente più gradita dalle parti del Pd che altrove. Il Movimento a sua volta si troverebbe nella situazione non facilmente spiegabile agli elettori di far salire un suo rappresentante a Montecitorio grazie ai voti utili del “condannato” Berlusconi.

Ma se regge l’impianto si potrebbe aprire la strada per replicarlo quando si parlerà di Governo. Comunque Matteo Salvini cerca di raffreddare gli animi con una dichiarazione che sembra indirizzata sia a Berlusconi che a Di Maio: “devono esserci nomi e cognomi condivisi da tutti”, replica a chi gli chiede se l’M5S debba rinunciare al veto sugli indagati per chiudere l’accordo.

Insomma a 48 ore dall’inizio delle votazioni sembra essere partita la battaglia dei veti incrociati. Battaglia peraltro prevista dato che i due contendenti sembrano non volersi “impiccare” sulle figure di Romani e Fico. Dietro le quinte girano già i nomi di Anna Maria Bernini e Riccardo Fraccaro per sciogliere il nodo.

I Dem invece si sfilano del tutto da un gioco che sembra diventare pericoloso: “il Pd non può partecipare a incontri i cui esiti sono già scritti. Se c’è già un accordo sulle presidenze da parte di qualcuno è bene che chi l’ha fatto se ne assuma tutta la responsabilità”, scandiscono al Nazareno. Come dire: non crediamo a questa manfrina, avete già l’accordo su tutto. Forse anche sul Governo.

Il Colle sta alla finestra e aspetta la prova dell’aula. Il M5s non voterà mai – come conferma – Romani per via della condanna definitiva per peculato, ma se si arriverà a un ballottaggio, basteranno i voti del centrodestra. Peraltro il Pd per il momento non ha detto una sola parola contro la candidatura del senatore berlusconiano.

Anzi, l’unico che si è sbottonato è stato in senso opposto: “Su Romani c’è un dibattito forzato, politico, mi pare un no a prescindere – ha spiegato Ettore Rosato – Non condividiamo le liste di proscrizione M5s a momenti alternati: vediamo se mantengono la parola sulla non iscrizione di quelli che non hanno effettuato tutti i rimborsi”.

(Di Fabrizio Finzi)/ANSA)

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