L’Africa sigla la più grande intesa di libero scambio dopo Wto

Il presidente del Rwanda Paul Kagame. EPA/AHMED JALLANZO

IL CAIRO. – Il sogno di un Mercato unico africano è diventato più concreto con l’approvazione da parte di 44 leader di paesi del continente nero di un accordo di libero scambio considerato il più ampio mai sottoscritto dopo la nascita dell’Organizzazione mondiale per il commercio, il Wto. Gli Stati africani sono però 55 e a defilarsi in questo storico passaggio è stata la più grande economia del continente, la Nigeria, che teme le ripercussioni sociali della prospettata liberalizzazione.

Le firme sono state apposte durante un vertice straordinario dell’Unione africana (Ua) svoltosi a Kigali, in Ruanda, completando un processo negoziale durato solo tre anni e facendo un passo importante per realizzare una decisione presa da un vertice della stessa Ua nel 2012.

Nel gennaio di quell’anno ad Addis Abeba fu deciso di creare una ‘Continental Free Trade Area’ (Cfta), un’area di libero commercio da 1,2 miliardi di persone – dal Cairo a Città del Capo, da Tunisi a Gibuti – con un prodotto interno lordo combinato di oltre 3,4 trilioni di dollari (ma alcune stime parlano di 2,6 trilioni).

L’accordo, che ora deve essere ratificato dagli Stati, punta ad aumentare gli scambi commerciali intra-africani che al momento rappresentano solo il 16% del totale rispetto al 51% di quello fra i paesi asiatici e al 70% di quello interno Ue.

L’obiettivo è quello di far entrare in vigore l’intesa per la fine di quest’anno, accelerando così anche la creazione di un’unione doganale, ma il sito della Bbc ricorda che il Mercato unico europeo ha avuto una gestazione durata mezzo secolo e bisognerà vedere come procederà realmente il processo di abbattimento delle barriere tariffarie.

C’è poi la questione della contrarietà della Nigeria, il Pil più alto d’Africa secondo i dati World Bank 2016. Cedendo a pressioni soprattutto dei sindacati, il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha disertato il summit in cui sono state apposte le firme.

Alcune delle economie più forti o in più veloce crescita come Etiopia e Ghana hanno però firmato l’accordo che dovrebbe avvantaggiare proprio i paesi più forti economicamente creando lavoro ma esponendoli anche a tensioni migratorie quali poli di attrazione.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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