Israele ammette: “Colpimmo reattore nucleare in Siria”

FOTO EPA/ATEF SAFADI

TEL AVIV. – Con undici anni di ritardo, Israele ha rivendicato la paternità di un attacco con cui nel settembre 2007 fu polverizzato un reattore nucleare in Siria in procinto di essere attivato. Con esso svanì anche il tentativo di Bashar al Assad di conseguire a sorpresa una parità strategica con lo Stato ebraico.

Che la distruzione del misterioso ‘cubo’ di cemento a Deir ez-Zor (nel nord della Siria, ai bordi dell’Eufrate) fosse di matrice israeliana era di dominio pubblico da anni. Ma da Israele non era mai venuta nemmeno la minima conferma: una circostanza che aveva salvato l’onore di Assad senza costringerlo a reagire.

Con un’evidente monito all’Iran, il premier Benyamin Netanyahu ha ribadito che la politica di Israele “era e resta coerente: impedire ai nostri nemici di armarsi con ordigni nucleari”. Così come nel caso dell’Iraq nel 1981 e della Siria nel 2007, Israele potrebbe essere costretto ad agire ancora se le potenze mondiali non trovassero il modo di sventare minacce ritenute dallo Stato ebraico pericolose per la sua stessa esistenza.

Il fiume di informazioni che ha inondato la stampa israeliana ha incluso una rivelazione sensazionale: ossia che il 7 settembre 2007 lo Stato maggiore temeva un attacco missilistico in grande stile sulle retrovie di Israele. Una prospettiva tanto più angosciante alla luce della modesta performance dell’esercito israeliano un anno prima, contro gli Hezbollah libanesi.

Gli israeliani hanno meglio compreso anche che il successo realizzato dai quattro F15I e dai quattro F16I che in pochi attimi annientarono il reattore con 16 tonnellate di bombe – dopo un estenuante volo notturno rasoterra ed in perfetto silenzio radio – era solo l’altra medaglia di un insuccesso altrettanto eclatante: quello dell’intelligence militare e del Mossad, che a lungo non si accorsero né dei progetti nucleari della Siria né di quelli della Libia di Gheddafi.

Solo nel novembre 2006 l’intelligence militare fiutò che una sorta di ‘Cubo di Rubik’ di 20 metri, in pieno deserto siriano, circondato da immondizia e senza postazioni militari, potesse essere un reattore nucleare. Per esserne certi ci voleva però il Mossad. Nel marzo 2007, a Vienna, i suoi agenti riuscirono ad entrare nell’appartamento di un alto dirigente siriano e a prelevargli dal computer 35 fotografie degli interni del reattore: mostravano fra l’altro alcuni tecnici nordcoreani.

Da qui la conclusione che a Deir ez-Zor si costruiva la replica di un reattore nordcoreano ispirato a sua volta ad un modello britannico degli anni Cinquanta. Le drammatiche immagini rivelavano anche che entro pochi mesi sarebbe entrato in azione.

Olmert chiese al presidente George W. Bush che gli Usa lo distruggessero ma Israele, secondo la stampa, fu abbandonato al suo destino. Lo Stato ebraico stava così per trovarsi esposto ad una minaccia atomica da parte di Damasco. Per eliminare il pericolo ci voleva un leader tutto di ghiaccio: era appunto Ehud Olmert, malgrado fosse uscito indebolito dalla guerra in Libano e provato da indagini della polizia che un anno dopo lo avrebbero costretto a dimettersi.

Nei mesi scorsi, dopo aver scontato un anno e mezzo di prigione per corruzione, Olmert ha pubblicato il suo libro di memorie. Ora che la censura militare ha finalmente rimosso il divieto di parlare ad alta voce di Deir az-Zor, Olmert ha potuto concedersi una giornata di gloria: applaudito finalmente a scena aperta anche dai suoi rivali politici, primo fra tutti Benyamin Netanyahu.

(di Aldo Baquis/ANSAmed)

Lascia un commento