Facebook, ora si indaga sui legami con il Russiagate

Un cartellone pubblicitario di Facebook: una chiusura lampo si apre su dei libri.
Un cartellone pubblicitario di Facebook: una chiusura lampo si apre su dei libri.(ANSA)

NEW YORK. – Lo scandalo dei dati che ha sconvolto Facebook rischia di intrecciarsi sempre più con il Russiagate. Alle indagini di diverso tipo annunciate negli ultimi giorni sulle due sponde dell’Atlantico si aggiunge infatti quella aperta da Robert Mueller, il procuratore speciale che negli Usa sta cercando di accertare eventuali connessioni tra Donald Trump e la Russia prima, durante e dopo le elezioni presidenziali del 2016.

L’obiettivo degli uomini di Mueller è quello di fare chiarezza sui legami tra la campagna elettorale del tycoon e la Cambridge Analytica, la famigerata società di dati che ha lavorato per Trump prima del voto e che è finita nell’occhio del ciclone per aver usato le informazioni personali di oltre 50 milioni di utenti Facebook a fini politici.

Già alcuni degli ex manager e consiglieri dell’allora candidato presidenziale repubblicano sarebbero stati ascoltati dagli investigatori, così come alcuni membri del team di esperti digitali e analisti assunti fin dai tempi delle primarie. Nel frattempo Mueller avrebbe anche chiesto di acquisire tutte le e-mail dei dipendenti della Cambridge Analytica che hanno lavorato con l’entourage del tycoon.

Si cerca insomma di capire se dietro alla raccolta di dati personali ci sia proprio la campagna di Trump e come queste informazioni siano state poi realmente utilizzate. Perché il sospetto fin dal primo momento è che siano servite ad influenzare gli elettori a vantaggio del tycoon e per penalizzare la candidata democratica Hillary Clinton.

E forse non è un caso se i media hanno svelato che il programma di rastrellamento dei dati sul social network più popolare al mondo iniziò nel 2014 sotto la supervisione di Steve Bannon, che prima di diventare lo stratega di Trump è stato anche vicepresidente di Cambridge Analytica.

Intanto, dopo aver ammesso gli errori compiuti, Mark Zuckerberg ha lanciato l’allarme in vista delle elezioni di metà mandato, quando a novembre gli americani rinnoveranno gran parte del Congresso. “Sono certo che qualcuno sta cercando di usare Facebook per influenzarle”, ha detto intervistato dalla Cnn, chiedendo ancora scusa agli utenti per quanto accaduto.

“Sono sicuro – ha spiegato – che c’è una seconda edizione di tutto quello che è stato lo sforzo della Russia nel 2016, ci stanno lavorando. E sono certo che ci sono nuove tattiche che dobbiamo essere sicuri di individuare e fronteggiare”.

Zuckerberg – che si è detto pronto a riferire al Congresso – conferma insomma quello che in tanti sospettano: la Russia e altri attori non hanno abbandonato l’idea di sfruttare i social media per interferire nelle elezioni non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e altrove. E mentre Facebook, Google e Twitter alzano sempre di più le barriere di protezione dei dati personali e della privacy degli utenti, troll e fabbricanti di fake news affinano le loro tecniche, ponendo a tutti i big del web e dei social una sfida enorme.

Se Zuck nelle ultime ore ha rotto il silenzio nella speranza di arginare la sfiducia degli utenti, scricchiola però il tentativo di Facebook di scaricare tutte le colpe su Aleksandr Kogan, il ricercatore che ha raccolto e venduto i dati alla Cambridge Analytica. Il Guardian svela infatti che prima di quell’episodio i rapporti con Kogan erano di tale fiducia che Facebook trasmise all’accademico nel 2011 per “uno studio” dati aggregati su ben 57 miliardi di ‘amicizie’ sulla piattaforma.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)