Missionaria premiata da Usa: “Aiutate i migranti”

WASHINGTON. – “Io donna coraggio? I veri coraggiosi sono loro, questi giovani africani costretti a vivere in condizioni di povertà e insicurezza, come quelli che scappano dai ribelli nella savana abbandonando tutto ma ricominciando sempre dandoci una lezione di vita”: così all’ANSA Maria Elena Berini, 73 anni, di Sondrio, suora missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che ha ricevuto a Washington il ‘premio internazionale Donne di coraggio’, assegnato ogni anno dal dipartimento di Stato Usa a dieci donne che nel mondo “hanno dimostrato un eccezionale coraggio e leadership nel sostenere la pace, la giustizia, i diritti umani, l’eguaglianza di genere e il rafforzamento del ruolo femminile, spesso con grande rischio personale e sacrificio”.

Un riconoscimento, spiega, “non solo per me, ma per tutte le donne coraggiose nel mondo non premiate oggi ma che lottano e lavorano per l’emancipazione femminile”. Oggi dice di volere parlare “a nome delle donne della repubblica Centrafricana”, dove opera dal 2007 nella missione cattolica di Bocaranga e dove ha vissuto gli orrori della guerra nel 2013-2014 e dato rifugio ai profughi scappati dopo l’attacco nel settembre 2017 del movimento ribelle ‘Trois R’ e dei Seleka.

“Hanno saccheggiato la nostra missione, ucciso alcune persone e ci hanno minacciato di morte sparandoci ai piedi ma noi abbiamo mostrato loro che non abbiamo paura di morire”, racconta, sottolineando che il governo controlla solo due delle 16 prefetture. Suor Maria Elena dona anima e corpo per dare speranze a questo martoriato Paese di 5,5 milioni di persone, “dove la metà è analfabeta e ha tra i 5 e i 18 anni, con oltre 10mila bambini soldato”.

“I giovani sono la ricchezza di questo Paese ma occorre seminare semi di pace e promuovere l’educazione, smettere di vendere armi a questi Paesi per mettere tra le mani dei ragazzi un libro, non un mitra”, afferma. Lei, come la sua missione, ha puntato sull’educazione femminile, dato che “la maggioranza delle ragazze è relegata alla vita domestica o dei campi”.

“Abbiamo una scuola sino al liceo con 1.300 alunne a Bocaranga ed oltre 150 piccole scuole elementari nella savana, poi aiutiamo le più meritevoli per proseguire sino all’università”, spiega. “Ma operiamo in una situazione di insicurezza permanente, con la minaccia dei ribelli, anche loro spesso giovani senza istruzione e facilmente manipolabii”, prosegue, dicendosi “fiduciosa nella pace anche se ci vorrà molto tempo”.

Aiuti dall’Italia? “Non dal governo ma da alcuni privati che hanno conosciuto la nostra attività”.

Un messaggio al nostro Paese?: “Rispettate e accogliete gli immigrati, vivono situazioni drammatiche che non sono immaginabili. Se sbarcano è perché cercano lavoro e una vita più dignitosa”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)