Martina cerca l’unità, ma Renzi blinda gruppi e linea

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando (s), e il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina (d). ANSA / CIRO FUSCO

ROMA, – E’ un tassello della sfida che si è aperta per il controllo del partito. Ma nell’immediato guarda alle consultazioni, la scelta che il Pd farà con la scelta dei capigruppo di Camera e Senato. Perché i due comporranno, con il reggente Maurizio Martina e il presidente del partito Matteo Orfini, la delegazione Dem al Quirinale. A loro il compito di indicare la linea dettata dalla direzione: Pd fuori dal governo.

“Faremo opposizione dura e responsabile”, assicura il reggente Maurizio Martina. Ma i renziani non si fidano del “correntone” trasversale alla maggioranza e alla minoranza del partito, che non vorrebbe chiudere ogni spiraglio. Perciò, mentre la minoranza invoca rappresentanza, gli uomini vicini all’ex leader puntano a blindare i ‘renziani dialoganti’ Andrea Marcucci al Senato, Lorenzo Guerini alla Camera.

In casa Dem la convinzione più diffusa è che M5s e Lega siano già molto avanti nelle trattative per il governo: si crede poco agli ammiccamenti del M5s al Pd. Ma basta la sola ipotesi che l’intesa Salvini-Di Maio salti, a mettere in evidenza le due linee del partito: “dialoganti e aventiniani”, sintetizza un deputato di minoranza.

Formalmente nessuno rompe la linea del Pd all’opposizione, ma bastano poche parole pronunciate da Martina domenica (in caso di stallo “dovremo mettere a disposizione la nostra forza per il Paese”) ad agitare i renziani. Il sospetto è che il reggente si candidi a fare il “capo del correntone”, dai franceschiniani ai gentiloniani ed “emiliani”, che in nome della responsabilità sarebbe pronto ad aprire un dialogo con M5s (o, in alternativa, con il centrodestra per un sostegno esterno).

Al Tg1 Martina parla di “opposizione” e “alternativa”. E assicura “proposte unitarie” per gli incarichi da assegnare tra martedì e mercoledì: non solo i due capigruppo, ma anche due vicepresidenti delle Camere, due questori e segretari d’Aula. Il reggente per tutto il giorno sente al telefono i dirigenti di maggioranza e minoranza, a partire da Renzi, che domani dovrebbe essere in Senato: cerca una convergenza totale sui nomi, senza arrivare a conte.

L’ipotesi è dare rappresentanza alle varie aree nelle cariche istituzionali, inclusa una vicepresidenza alla minoranza (Anna Rossomando al Senato, o – meno probabile – Barbara Pollastrini alla Camera). Ma sui capigruppo i renziani non intendono transigere e sono pronti al voto segreto, contando – affermano – su almeno 32 voti su 54 al Senato e una settantina su 111 alla Camera (dove si iscrive al Misto l’unico prodiano, Serse Soverini). Marcucci e Guerini, affermano, sono due figure esperte e apprezzate.

L’ipotesi alternativa alla Camera sarebbe quella di Graziano Delrio, ma il ministro avrebbe detto no. Ma la minoranza continua a chiedere almeno un capogruppo “non renziano”: “Aspettiamo le indicazioni di Martina e non abbiamo preclusioni sui nomi, non ci interessa discutere se Guerini o Marcucci, ma l’abbinamento dei due non va, perché non ci sarebbe nessun segnale di discontinuità”, affermano dall’area Orlando.

Mentre Francesco Boccia, di area Emiliano, non esclude asse con altri partiti sui voti per i vicepresidenti. Rosato è tra i nomi più probabili per la vicepresidenza della Camera. Mentre al Senato si citano il franceschiniano Franco Mirabelli, Roberta Pinotti, Gianni Pittella e anche Matteo Richetti.

Ma la partita vicepresidenze si chiuderà solo dopo la nomina dei capigruppo. E un nome come Richetti sembra più proiettato sulla sfida interna al partito: l’assemblea di fine aprile nominerà il segretario in carica fino alle prossime primarie. E Martina è il nome più accreditato ma, avvertono sia i renziani che gli esponenti della minoranza, molto dipende da come gestirà la partita capigruppo.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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