Facebook come slot machine: “Usa le debolezze umane”

Ombre di persone guardando il proprio cellulare e sullo sfondo il logo di Facebook.
Sospettati legami con entità straniere.

ROMA. – Da piattaforma che mette in contatto le persone a “enorme slot machine sociale” che controlla la vita e la percezione di quasi due miliardi di utenti e per questo andrebbe considerata come “infrastruttura pubblica”. Sono questi i due temi principali messi sul piatto da Federico Mello, giornalista, blogger e autore radiofonico, nel libro ‘Il lato oscuro di Facebook (Come Mark Zuckerberg usa le debolezze umane per fare soldi)’ che esce proprio nei giorni in cui la società è travolta dallo scandalo Cambridge Analytica, accusata di aver raccolto le informazioni di 50 milioni di utenti della piattaforma e di averle usate a fini elettorali.

Federico Mello racconta la parabola del social network nato nel dormitorio di Harvard senza finalità commerciali, che negli anni si è però “totalmente orientato al profitto”. Cresce grazie alla capacità di catturare e mantenere la massima attenzione degli utenti con un meccanismo di gratificazione e dispensa del piacere, come la dopamina, dato da like, popolarità e interazioni.

“Il suo modello di business sembra essere diventato il sabotaggio del nostro cervello”, aggiunge l’esperto, e lo fa grazie al ‘phishing’, non inteso nel senso di frode informatica ma nel senso di “raccolta e analisi di quante più informazioni possibili sui comportamenti istintivi degli utenti per poi metterli a profitto”.

Un’attività che Mello paragona alla schedatura dei clienti del casinò, su cui si è già levata nei mesi passati la voce critica di Sean Parker e Roger MacNamee, tra i primi a collaborare e scommettere sulla società di Mark Zuckerberg, poi autoproclamatisi obiettori di coscienza.

Il libro fa riflettere anche su come non sia più possibile considerare “privata” la natura di un colosso che condiziona troppo il nostro tempo, il nostro stare insieme e il modo in cui vediamo il mondo. E non è tollerabile che un tale potere sia nelle mani della sola persona a capo di quella multinazionale.

Il libro spiega che Tavis McGinn, ex dirigente della società, ha detto che “Zuckerberg ha il 60% dei diritti di voto della società, un individuo con il pieno controllo sull’esperienza di due miliardi di persone, neanche il presidente degli Stati Uniti ha questo tipo di controllo”.

“Se decidesse di modificare l’algoritmo per finalità politiche – ipotizza Mello – questo avrebbe un impatto immediato sull’opinione di centinaia di milioni di persone. Il tema della proprietà di Facebook – conclude – va posto con serietà e con un approccio che, per quanto sostenibile, non può che essere radicale”.

(di Titti Santamato/ANSA)

Lascia un commento