L’inflazione rialza la testa, Draghi studia mosse Qe

Ripresa, inflazione e Brexit, i grattacapi di Draghi

ROMA. – L’inflazione rialza la testa nelle tre principali economie dell’Eurozona, segnando un rimbalzo a marzo e riaccendendo il dibattito sulle prossime mosse della Bce. Ma Mario Draghi appare sempre orientato alla massima cautela, con il quantitative easing che rimane un programma ‘aperto’ e il futuro degli acquisti di bond dopo settembre ancora tutto da scrivere.

Dopo un febbraio particolarmente debole sul fronte dei prezzi, che a causa principalmente dei saldi invernali avevano toccato un modestissimo 0,5% su anno, in Italia l’indice dei prezzi al consumo rimbalza allo 0,9%, livello su cui viaggia da novembre a questa parte fatta eccezione per febbraio. L'”inflazione di fondo”, sia quella al netto degli energetici e degli alimentari freschi sia quella al netto dei soli beni energetici sale, rispetto al mese precedente e si attesta rispettivamente a +0,9% (da +0,6%) e a +0,7% (da +0,2%). Il rialzo dei prezzi su base armonizzata europea è dell’1,1%.

Un’inflazione che dipinge un andamento dei prezzi simile a quello della Francia – l’Insee ha pubblicato un rialzo dei prezzi dell’1,7% su base armonizzata (1,5% quella non armonizzata). E va così anche in Germania, dove ieri l’ufficio federale statistico ha pubblicato un rialzo, sempre per marzo, dell’1,5%.

In Italia, da anni in coda ai tassi di crescita e indietro sulla ripresa dei prezzi che la Bce desidera ‘vicina ma inferiore al 2%’, l’inflazione è “salita più del previsto” secondo Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, secondo cui sembrano “definitivamente” superati i recenti minimi anche se il trend di risalita “appare lento e irregolare su base mensile. Ciò lascia ampi margini di gradualità alla Bce nella sua strategia di uscita dalle misure non convenzionali di politica monetaria”.

Se ne sono accorti alla Bundesbank e nelle altre banche centrali dei paesi più ‘falchi’: il governatore olandese Klaus Knot avvertiva ieri che “rinviare la stretta monetaria quando sarebbe invece necessaria non è un pranzo gratis”. Il tedesco Jens Weidmann giudica “non irrealistica” la prospettiva di un rialzo dei tassi a metà 2019.

L’austriaco Ewald Nowotny spiegava tre giorni fa che il Qe – con cui la Bce compra ancora 30 miliardi di euro di debito al mese e ha appena portato il suo bilancio al nuovo record di 4.359 miliardi, il 41% del Pil contro il 22% degli Usa – “è in corso fino alla fine di settembre 2018 e dovremo decidere in estate come procedere”.

Draghi, forte dell’appoggio della compagine moderata al consiglio Bce, ostenta invece grande cautela. “Per chiudere il Qe occorre che ci sia una condizione chiara: dobbiamo vedere una correzione sostenibile nel percorso dell’inflazione verso il nostro obiettivo, ossia vicino al 2%”, che le stime della Bce vedono avvicinarsi fra non meno di due anni.

Una cautela che si spiega con le stime che parlano di un rallentamento della crescita della locomotiva tedesca; con i segnali di guerra commerciale che rischierebbero di rafforzare l’euro; infine che le tensioni geopolitiche (si pensi all’escalation diplomatica fra la Russia e gran parte dei membri della Nato) che la Bce considera fra i rischi maggiori per la crescita.

E la ‘road map’ dell’italiano, alla guida della Bce fino a fine 2019, ha ben chiari i rischi: quello di legarsi le mani, e quello di finire in un ‘taper tantrum’ in stile Fed, l’annuncio precipitoso di una stretta al Qe che nel 2013 causò un balzo dei rendimento costringendo la Fed a una clamorosa marcia indietro.

(di Domenico Conti/ANSA)

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