Papa, Via Crucis: “Sfidiamo le coscienze addormentate”

La Via Crucis nella zona Colosseo. ANSA/ALESSANDRO DI MAO

ROMA. – “Vergogna”: Papa Francesco comincia con questa parola la Via Crucis al Colosseo. Vergogna per quando si sceglie “il potere e il dio denaro”; vergogna per gli uomini, anche di Chiesa, che si fanno prendere dall’ambizione “perdendo la loro dignità”. Vergogna perché “le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre”.

Ma il Papa parla anche di speranza: quella di chi è capace di “sfidare la coscienza addormentata dell’umanità rischiando la vita” per servire poveri, scartati, immigrati. E il Papa difende anche la sua Chiesa, “fatta da peccatori” ma capace “nonostante i tentativi di screditarla” di essere “un modello di altruismo, un’arca di salvezza”.

E non possono non venire alla mente i tanti attacchi anche interni; Bergoglio chiede a Dio di “spogliarci dell’arroganza dei miopi e dei corrotti che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare”.

Una celebrazione blindatissima con un dispiegamento di forze di polizia come non si era mai visto. Nove i varchi di controllo con i metal detector, tanti gli agenti in borghese mescolati anche tra i fedeli. In un clima di allerta a livelli altissimi, le celebrazioni pasquali con il Papa non hanno comunque subito alcuna modifica e, tra i diversi appuntamenti è proprio quello al Colosseo, e la messa di domenica mattina a piazza San Pietro, dove viene riposta la massima attenzione.

Ad accogliere il pontefice al Colosseo c’era, tra gli altri, il sindaco di Roma Virginia Raggi. Il pontefice ha affidato quest’anno le meditazioni della Via Crucis ad un gruppo di liceali romani, coordinati dal loro professore di religione, Andrea Monda. Le delusioni, le ingiustizie, i fallimenti, ma anche il coraggio, la speranza, la solidarietà: sono questi i temi risuonati nelle meditazioni.

“Mi guardo intorno e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono”, diceva una delle preghiere. E ancora: “Cadiamo così tante volte che perdiamo il conto, ma speriamo sempre che ogni caduta sia l’ultima”.

“Ti vedo, Gesù”, questo l’incipit di ogni stazione scelto dai giovani autori. Questi ragazzi sono stati anche tra i portatori della croce. Ma, stazione dopo stazione, sono stati rappresentati anche tutti gli scenari dove la guerra imperversa. La Siria, innanzitutto, con Riad Sargi, di Caritas, che ha portato insieme alla sua famiglia la croce per una stazione: “Porto tutta la sofferenza del popolo, dei bambini, dei padri e delle madri del nostro Paese”, aveva detto ai media vaticani.

Viene invece dall’Iraq suor Genevieve Al Haday: “Nella croce che porterò – aveva detto al Sir – sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani”. Nel pomeriggio in basilica vaticana si era svolto il rito della Passione col Papa prostrato a terra e il predicatore padre Raniero Cantalamessa che ha invitato i giovani a “salvare l’amore dal possesso e dalla violenza”.

(di Manuela Tulli/ANSA)

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