Guerra di nervi nel Pd. Sfida renziani: “Chi vuole il governo parli”

ROMA. – Tenere la linea dell’opposizione, evitare che la faglia si allarghi. In casa renziana è questo l’imperativo alla vigilia delle consultazioni. Il pressing per aprire un dialogo con M5s, che Dario Parrini definisce “stalking mediatico”, non ha per ora ricadute concrete: a parte Michele Emiliano, che viene rintuzzato da Carlo Calenda, nessuno chiede apertamente un sostegno ai Cinque stelle.

Ma nella guerra di nervi e sospetti che si è aperta tra i Dem dopo la sconfitta, il fattore tempo pesa: al secondo giro di consultazioni il fronte “dialogante”, che si muove sottotraccia, potrebbe rafforzarsi. Ma, avvertono i renziani, non l’avrà vinta. “Il Pd – afferma il capogruppo Andrea Marcucci – starà all’opposizione. Se qualche dirigente vuol cambiare posizione, lo dica chiaramente”.

“Non sosterremo mai nessun governo del M5S, nessun governo Lega-Cinque Stelle. La linea che porteremo al Colle è quella votata all’unanimità in direzione”, scrive Marcucci, che sarà in delegazione con Graziano Delrio, Maurizio Martina e Matteo Orfini.

Delrio assicura che la discussione non è sul “se” stare all’opposizione ma “come”. “Stiamo attenti a un dibattito sterile tra isolamento e apertura”, afferma il reggente Maurizio Martina. La priorità, ricorda, è riconnettersi con gli elettori sfidando gli altri partiti sulle idee.

Tutto risolto? No, perché dopo la sortita di Dario Franceschini e Andrea Orlando, il sospetto è che discutere sul “come” essere minoranza, sia un modo per aprire proprio al M5s. E i renziani diffidano anche di Martina, che secondo qualcuno si candiderebbe da “capo del correntone governista” alla segreteria nell’assemblea del partito, che però potrebbe slittare a giugno, dopo le comunali.

Il punto, ribattono i franceschiniani, è non restare “congelati” in una linea di “opposizione e basta” e offrire una sponda a Mattarella nel lavoro che lo attende. “Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S consegniamo il paese ai populisti per sempre”, avverte il neo iscritto Carlo Calenda, che attacca Michele Emiliano e chi “boicotta” il Pd.

“I Cinque stelle non sono il nemico da abbattere”, ribatte Francesco Boccia e torna a evocare l’appoggio esterno. Ma è impossibile un governo con Di Maio – concordano renziani ed esponenti dell’ala “dialogante” – per una questione di numeri: o tutto il Pd sostiene il M5s o un governo non può nascere. E a poco servirebbero i voti di LeU (14 deputati, 4 senatori).

Val la pena tentare, però, sostiene da LeU Roberto Speranza: il Pd dovrebbe aprirsi per provare a evitare “l’abbraccio tra i lepenisti della Lega e i grillini”. Il sospetto dei non-renziani è che a fronte del “mai” al M5s, gli uomini vicini all’ex segretario coltivino la tentazione di un piano B che preveda l’appoggio esterno a un governo di centrodestra. Illazioni, scambi di accuse.

Quel che è certo è che la situazione è mobile, c’è chi sostiene che il fronte renziano non sia più così granitico. I timori dei renziani si appuntano sulla tenuta del gruppo della Camera dove siedono numerosi “big”. Ma sarà la direzione (dovrebbe riunirsi dopo il primo giro di consultazioni), a dare la linea – precisa Ettore Rosato – non i gruppi.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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