Gli ultimi ribelli lasciano la Ghuta dopo anni di assedio

La regione alle porte di Damasco torna nelle mani del governo

BEIRUT. – E’ arrivato all’atto finale, con l’evacuazione degli ultimi ribelli e dei loro familiari, il dramma della Ghuta orientale, l’enclave vicino a Damasco per anni nelle mani degli insorti, assediata dalle truppe governative e sottoposta a martellanti bombardamenti che hanno ucciso centinaia di civili.

Gli organi d’informazione siriani hanno detto che una cinquantina di autobus hanno cominciato a trasportare fuori da Duma, la più grande città della Ghuta, i miliziani del Jaysh al Islam (Esercito dell’Islam), l’ultima formazione di insorti che ha accettato di essere trasferiti a Jarablus, una località nel nord della Siria controllata da gruppi di ribelli e forze turche. S

econdo l’agenzia Sana, a metà pomeriggio 450 persone, tra insorti e civili, erano partite verso la loro destinazione. L’evacuazione, e gli autobus per essa usati, ricordano tante altre operazioni simili avvenute durante i sette anni della guerra civile sulla base di accordi in gran parte stipulati con le forze russe, alleate del regime di Bashar al Assad.

Iniziative portate avanti senza il coinvolgimento dell’Onu, che le hanno criticate giudicandole operazioni volte a svuotare intere città e regioni da popolazioni ostili al governo. L’evacuazione fa seguito ad altre compiute recentemente a partire da diverse zone della stessa Ghuta in seguito ad accordi con altre due fazioni di ribelli. Con queste operazioni le forze governative riprendono il controllo della ex enclave, dopo un’offensiva durata alcune settimane e preceduta da intensi bombardamenti che hanno provocato oltre 1.600 morti, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). I ribelli e i loro familiari fatti partire nei giorni scorsi erano diretti nella provincia nord-occidentale di Idlib.

Oltre 40.000 insorti e membri delle loro famiglie sono finora partiti dalla Ghuta, mentre altri 120.000 civili, secondo fonti russe, hanno lasciato le loro case e raggiunto il territorio controllato dai governativi per sottrarsi alle violenze degli ultimi mesi. Altre migliaia di persone sono fuggite nelle settimane scorse dall’enclave curda di Afrin, nel nord-ovest della Siria, sotto l’incalzare di un’offensiva della Turchia e di forze ribelli sue alleate contro le milizie curde dell’Ypg, alleate degli Usa.

La scorsa settimana il presidente Usa Donald Trump ha detto in un comizio in Ohio che Washington potrebbe presto decidere di ritirare i suoi circa 2.000 soldati impegnati al fianco dei curdi nel nord della Siria, ora che le operazioni contro l’Isis sono praticamente concluse. E oggi il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha commentato positivamente tali parole, affermando che esse mostrano come “almeno Trump è impegnato” a mantenere promesse già fatte in passato.

(di Alberto Zanconato/ANSAmed)

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