Israele cancella l’accordo con l’Onu sui migranti

TEL AVIV. – E’ durato meno di 24 ore l’accordo tra Israele e l’Unhcr per il ricollocamento di 16mila migranti africani in Occidente. Dopo averlo sospeso già ieri sera dopo le proteste di Italia e Germania chiamate in causa a loro insaputa e sotto il fuoco di fila del suo stesso governo, il premier Benyamin Netanyahu stamattina ha innestato la retromarcia e lo ho annullato del tutto.

“Ho ascoltato con attenzione i molti commenti, ho riesaminato i vantaggi e le mancanze e ho deciso di annullare l’accordo”, ha annunciato al termine di una visita ai quartieri sud di Tel Aviv dove è più forte la presenza degli immigrati. Poi ha indicato la linea: “Malgrado le limitazioni giuridiche e le crescenti difficoltà internazionali, continueremo ad agire con determinazione per ricorrere a tutte le possibilità che abbiamo a disposizione per far uscire gli infiltrati dal Paese”.

All’Onu, gelato dalla mossa di Israele, non è restato che chiedere a Netanyahu di “riconsiderare” la sua decisione. “Continuiamo a credere – ha detto un portavoce – nella necessità di un accordo vantaggioso per tutti che possa giovare a Israele, alla comunità internazionale e alle persone che hanno bisogno di asilo e speriamo che Israele riconsideri presto la sua decisione”.

Da Bruxelles l’Ue ha fatto sapere di aver preso atto dell’annuncio di Netanyahu. “Mentre monitora l’ulteriore discussione politica in Israele, l’Ue – ha riferito un portavoce – ricorda che le questioni relative all’immigrazione sono e rimangono una delle principali priorità dell’Unione, in particolare nella regione”.

Se la decisione di Netanyahu di accettare l’intesa con le Nazioni Unite aveva innervosito la destra di governo e provocato le rimostranze di paesi come l’Italia e la Germania indicate dal premier come “esempi” di possibile destinazione per oltre 16mila migranti africani (altri 16mila sarebbero restati in Israele), la mossa di bloccare tutto ha suscitato le proteste dell’opposizione, delle ong che già brindavano all’accordo e degli stessi migranti. Sono tornati a manifestare a Gerusalemme e a Tel Aviv contro una “giravolta” che li ha fatti ripiombare nel limbo.

Ma il dato più spinoso per Netanyahu è che entro il 9 aprile il governo dovrà presentare alla Corte Suprema le ragioni a favore della sua linea politica. Pena – come è probabile – una solenne bocciatura che farebbe annaspare ancora di più l’esecutivo. Il leader dei laburisti Isaac Herzog ha invocato le dimissioni del premier, mentre la destra – a cominciare dal ministro Naftali Bennet – ha fatto quadrato attorno a Netanyahu, alle prese anche con la situazione di forte tensione sul confine con Gaza, che ha registrato la morte di un altro manifestante palestinese mentre si annunciano per venerdì prossimo nuovi scontri.

Il premier ha accusato la ong Usa ‘New Israel Found’ di aver lavorato contro l’intesa con il Ruanda, il cui fallimento ha poi portato al contestato accordo con l’Onu. “E’ un’organizzazione straniera – ha denunciato – che riceve fondi da governi stranieri e da figure ostili a Israele come George Soros”. Nel tentativo di trovare un rimedio prima del 9 aprile, Netanyahu vuole dalla Knesset una nuova legge per aggirare i veti della Corte Suprema, che impedisce la detenzione di quei migranti che non accettano le espulsioni in cambio di un bonus economico.

Tra le proposte circolate, anche quella di portare la somma da 3.500 a 10.000 dollari. Netanyahu a suo favore può sbandierare i dati di un sondaggio di queste ore: il 47% degli israeliani si è detto contrario all’accordo con l’Onu.

(di Massimo Lomonaco/ANSAmed)

Lascia un commento