Londra boccia l’aiuto russo sull’ex spia avvelenata

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(ANSA/AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

LONDRA. – Fuori i secondi. Il consesso diplomatico dell’Organizzazione Internazionale per la Proibizione delle Armi Chimiche (Opac), all’Aja, diventa un ring dove Russia e Regno Unito tornano a scambiarsi colpi sopra e sotto la cintura sull’avvelenamento a Salisbury dell’ex spia Serghiei Skripal e di sua figlia Iulia: in una guerra di sospetti incrociati che culmina nel secco ‘no’ di Londra a qualunque offerta di collaborazione di Mosca all’indagine, liquidata alla stregua di “una perversione”.

I toni restano sentenziosi, a dispetto degli imbarazzi suscitati al governo britannico dall’ammissione di Gary Aitkenhead, direttore del laboratorio militare di Porton Down, di non poter confermare il Paese di provenienza dell’agente nervino usato un mese fa.

E quindi nemmeno le accuse esplicite verso la Russia scagliate – proprio con il paravento di presunte prove certificate da Porton Down – dal ministro degli Esteri, Boris Johnson: accusato ora dal leader laburista Jeremy Corbyn d’aver mentito, in un’intervista a una tv tedesca e persino in un tweet poi maldestramente cancellato dal Foreign Office.

Scivolone che secondo Downing Street non cancella del resto la convinzione che Mosca sia “colpevole”, anche sulla base di ulteriori, imprecisati, “elementi” indiziali e dell’assenza di spiegazioni “plausibili” alternative. In nome di una linea ufficiale di accusa su cui il delegato di Londra all’Opac, John Foggo, non cede di un millimetro.

La richiesta avanzata da Mosca di partecipare agli accertamenti e di visionare le provette viene così bollata come “una tattica diversiva per spargere ancora disinformazione ed evadere le domande a cui le autorità russe devono rispondere”.

Non solo: Foggo risponde picche pure alla condizione posta dai russi di avere un loro rappresentante nella commissione d’inchiesta Opac, condannandola come un segno di “disprezzo verso il segretariato tecnico” e di “nervosismo” di fronte alle possibili conclusioni investigative.

Un atteggiamento tranchant che secondo Mosca nasconde debolezza. E a cui il Paese di Vladimir Putin replica per le rime, rilanciando la sfida di fronte al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e domandando che il fascicolo passi ormai nelle mani di “esperti indipendenti” indicati dall’Opac.

L’obiettivo della Gran Bretagna nel caso Skripal non è “capire cosa sia davvero successo”, ma “trovare un motivo per una demonizzazione geopolitica totale della Russia e per provare a isolarci”, taglia corto il viceministro degli Esteri Serghiei Riabkov.

Il responso di Porton Down viene interpretato come una conferma del fatto che Londra non dispone di alcuna pistola fumante, anche se il direttore del laboratorio nega che trovarla sia mai stato il compito dei suoi specialisti. Mentre lo stesso Times si domanda se il fronte anti-Mosca messo su dal tandem May-Johnson con l’appoggio Usa e a colpi di espulsioni non rischi a questo punto di scricchiolare.

Washington e Bruxelles in effetti confermano “piena fiducia” verso Londra. Ma Berlino si associa rifacendosi con una certa cautela alle indicazioni iniziali britanniche: e aggrappandosi solo alla “grande probabilità” d’un coinvolgimento russo, senza spingersi oltre.

Altri dubbi vengono intanto alimentati dal ‘miracoloso’ risveglio di Iulia Skripal, ripresasi a quanto pare dopo essere stata data a lungo per spacciata assieme al padre e dopo fiumi di parole sull’identificazione del veleno come una sostanza di scuola sovietica della classe Novichok, in teoria molto più letale dei già micidiali sarin o VX.

E proprio su Iulia si consuma ora un altro scontro: il Cremlino continua a denunciare il rifiuto britannico di garantire accesso consolare alla donna, che è cittadina russa e cittadina russa soltanto; mentre da Mosca una cugina, Viktoria Skripal, si fa viva con i diplomatici di Sua Maestà sollecitando di poterla riportare a casa dal letto d’ospedale di Salisbury. A patto, va da sé, che sia d’accordo.

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