Mattarella: “Nessun vincitore, i partiti trovino l’intesa”

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine delle consultazioni al Quirinale. ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – Fumata nera per il ‘primo’ giro di consultazioni avviato dal Presidente della Repubblica per individuare una maggioranza in grado di esprimere un governo per il Paese. Sergio Mattarella ha dovuto prendere atto che in assenza di una maggioranza precostituita servono ora “intese” per formare una coalizione ma che “nelle prime consultazioni due giorni questa condizione non è emersa”.

Il Presidente della Repubblica ha quindi concesso altro tempo alle forze politiche per “riflettere” e “valutare responsabilmente convergenze programmatiche”. Un nuovo giro di consultazioni dovrebbe quindi ripartire la prossima settimana, probabilmente non prima di mercoledì per dare tempo alle forze politiche di ripresentarsi al Colle con una proposta di intesa.

Ma ad oggi il quadro delle possibili convergenze resta sostanzialmente fermo alle ipotesi già vagliate e, nonostante i proclami, prigioniero di veti incrociati. Il leader del M5s, Luigi Di Maio ha formalizzato la sua proposta di contratto alla tedesca da sottoscrivere in alternativa con la Lega o con il Pd. Solo i toni del capo politico M5s sembrano essere molto più concilianti e questo soprattutto nei confronti del Pd che dubita delle aperture dei 5 Stelle considerandole sostanzialmente un modo per fare pressione sulla Lega.

“Le mie aperture sono sincere” rimarca il Capo Politico dei 5 stelle che aggiunge: “io non ho mai voluto spaccare il Pd, mi rivolgo al Pd nella sua interezza, non ci permetteremo mai di interferire nelle loro dinamiche interne”. E’ una mano tesa che tuttavia al momento non ha convinto il Pd ad andare a ‘vedere’ la proposta M5s: i renziani fanno muro e Martina fa sapere che non vedrà Di Maio. Chi ha vinto le elezioni “si faccia carico della responsabilità” di governare ha ribadito il reggente del Pd.

Con altrettanta sincerità Di Maio ha però ribadito che non intende prendere in considerazione la possibilità di andare al governo con tutto il centrodestra. Non è, sostiene, che il M5s vuole spaccare il centrodestra; il punto è che Di Maio non lo riconosce in quanto coalizione: “si sono presentati alle elezioni con tre candidati premier e alle consultazioni separati”.

E, cosa non meno importante: “una di queste forze non riconosce il M5s”. Allude a Silvio Berlusconi che, al Quirinale, è stato molto netto nei confronti del Movimento. “Non siamo disponibili a un governo fatto di pauperismi e giustizialismi, e populismi e odio, che innescherebbe una spirale recessiva” attacca il Cavaliere che ribadisce: un governo “dovrà partire da chi ha vinto le elezioni, cioè il centrodestra e dal leader della coalizione vincente, cioè la Lega”.

Toni durissimi stigmatizzati dal braccio destro di Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti: “secondo me tatticamente ha sbagliato, ha alzato la palla a Di Maio che l’ha semplicemente schiacciata”. Per Giorgetti il Cav preferisce guardare ai dem, “ma il Pd ha perso le elezioni. Può non piacere, ma la realtà è questa” avverte. Salvini indossa i panni del mediatore: “Faremo di tutto per dare un governo che duri 5 anni, partendo dal centrodestra coinvolgendo m5s, senza altre soluzioni temporanee e improvvisate”. Ma al M5s dice: “speriamo che inizino a dire dei Sì, come fa la Lega”.

Insomma, al di là dei tentativi diplomatici, queste prime consultazioni hanno messo in scena una sorta di esibizione muscolare delle forze politiche che il Quirinale si attendeva ma che dopo il richiamo di Mattarella non potrà proseguire. Il Presidente non ha fissato una data per il nuovo round per consentire alle parti di trovare accordi ma alla prossima tornata si aspetta di ascoltare soluzioni.

Negli incontri Mattarella avrebbe infatti ricordato agli interlocutori che non essendo l’Italia più in un sistema maggioritario, le intese devono essere considerate come intrinseche ad un sistema proporzionale. Dunque se questa pausa di riflessione non dovesse portare soluzioni, starebbe proprio al Presidente prendere un’iniziativa al posto dei partiti. Soluzioni che potrebbero spaziare dal conferimento di un incarico ad uno dei leader in campo, con il rischio però che si ‘bruci’ alla prova dei numeri, o anche, ad una personalità terza, fino allo scioglimento delle Camere.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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