Brasile: Lula non molla, sarà candidato dalla cella

Le proteste dei sostenitori di Lula durante il suo arresto
Le proteste dei sostenitori di Lula durante il suo arresto. (Photo by Fabio Vieira/FotoRua/NurPhoto via Getty Images)

BRASILIA. – Lula non molla, Lula non si cambia. Il Partito dei Lavoratori (Pt) brasiliano sembra deciso ad andare avanti con la candidatura del suo leader – in carcere da sabato scorso per scontare una pena di 12 anni per corruzione – per le presidenziali. Una scelta che getta ancora più incertezza sulle prossime elezioni.

Glesi Hoffmann, presidente del Pt e portavoce autorizzato di Lula dal carcere, ha ratificato quanto aveva detto prima della carcerazione dell’ex presidente: “Non esiste un piano B”, al di là della sua candidatura. Gli ha fatto eco il vicepresidente del partito, Alexandre Padilha, sottolineando che “non sarà il Pt che ritirerà Lula dalle elezioni”.

L’intera direzione del Partito si è spostata a Curitiba – dove Lula è attualmente rinchiuso in una cella della direzione della polizia federale – per una riunione nella quale verrà lanciata la mobilitazione che il partito intende promuovere in tutto il paese a favore di Lula e della sua scarcerazione. Formalmente, a Lula resta uno spiraglio di speranza: l’udienza nella quale mercoledì prossimo il Supremo Tribunale Federale (Stf) dovrà esaminare la costituzionalità della carcerazione di imputati la cui condanna è stata confermata in secondo grado. Ma pochi credono che l’alta corte, dopo avergli negato un habeas corpus la settimana scorsa, ora permetta all’ex presidente di uscire dal carcere.

Il Pt si trova in una situazione complessa: il suo leader è il favorito dei sondaggi ma tutto indica che non potrà presentarsi come candidato alle presidenziali. E i tempi sono stretti: il 15 agosto scade il termine per l’iscrizione al Tribunale Elettorale, che ha tempo fino al 17 settembre per bocciare la candidatura di Lula – molto probabile, dal momento che la legge non permette la candidatura di cittadini condannati in seconda istanza- e il 7 ottobre si svolgerà il primo turno elettorale.

Quale strada sceglierà il Pt? E soprattutto, chi potrebbe sostituire Lula, anche solo all’ultimo momento, come suo candidato? Molti analisti hanno visto indizi di possibili risposte a queste domande nel discorso pronunciato da Lula prima di consegnarsi alla polizia, sabato scorso. Sul camion, insieme all’ex presidente -e presentati alla folla da Lula stesso- si trovava il dirigente del Pt più menzionato come possibile candidato di sostituzione, Pablo Fernando Haddad, ex sindaco di San Paolo, ma non Jaques Wagner, ex governatore dello stato di Bahia, una dei tradizionali bastioni elettorali del Pt, anche lui considerato un possibile “piano B”.

Insieme a Lula, però, c’erano anche due esponenti della sinistra in teoria candidabili che però non appartengono al partito: Guilherme Boulous, del Partito Socialismo e Libertà (Psol) e Manuela Davila, del Partito Comunista (Pcdb), due partiti ben più a sinistra della media dei dirigenti nazionali del Pt. Il ruolo di rilievo che hanno avuto Davila e Boulos nel lungo addio di Lula ai suoi simpatizzanti prima di entrare in prigione, così come la pesante assenza non solo di Wagner ma anche di Ciro Gomes, possibile candidato del Partito Democratico Laburista (Pdt), è stato notato dagli osservatori, che ne hanno dedotto un inizio di sterzata a sinistra della linea del Pt.

Questo scenario preoccupa a non pochi dirigenti del partito: il mantenimento della linea della cosiddetta vittimizzazione del Pt – per la quale l’impeachment di Dilma Rousseff è stato un golpe, e la condanna di Lula per corruzione un processo politico – è già costata al partito nel 2016 il 60% dei comuni nei quali governava, includendo la megalopoli di San Paolo.

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