‘Ndrangheta: fermati quattro imprenditori, per Dda affiliati

REGGIO CALABRIA. – L’unica ‘Sala Bingo’ di Reggio Calabria, che incassava oltre dieci milioni di euro l’anno, era diventata il bancomat delle potenti cosche De Stefano e Tegano della ‘ndrangheta, dominatrici di ogni interesse criminale sull’intera città: dalle estorsioni, alle costruzioni edili; dalla fornitura di servizi alla pubblica amministrazione, all’usura. Milioni di euro l’anno che transitavano dalle casse della sala giochi gestita dall’imprenditore in odore di mafia Michele Surace, 61 anni, dal figlio di questi, Giuseppe, di 34, e dai soci in affari Francesco Giordano, di 67, e Carmelo Ficara, di 62, tutti posti in stato di fermo dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Dda.

Una misura che si é resa necessaria, secondo gli investigatori, nel timore di una fuga o di un loro tentativo di inquinare le prove. Michele Surace e Francesco Giordano, secondo quanto é emerso dalle indagini, avevano stipulato un ‘patto di ferro’ con i Tegano, dividendo con la nota ‘famiglia’ di ‘ndrangheta, capeggiata dal boss Giovanni Tegano, in atto detenuto, “gli utili al 50% di tutte le loro attività, beneficiando della protezione e del potere intimidatorio della cosca”.

“Forti anche di precedenti relazioni criminali acquisite ai tempi della guerra di ‘ndrangheta degli anni ’80 – ha detto il Procuratore della Repubblica facente funzioni, Gaetano Paci – gli imprenditori fermati aveva costruito un impero immobiliare edificando ogni spazio possibile su tutto il territorio cittadino. E non solo: sui terreni su cui avevano concentrato le loro attenzioni, le altre cosche del territorio erano obbligate a farsi indietro.

Un quadro indiziario avvalorato dai riscontri di tre collaboratori di giustizia. Uno di loro é Mariolino Gennaro, l’inventore a Reggio Calabria delle sale-giochi, “che da rapinatore di furgoni blindati per conto dei De Stefano-Tegano – dicono gli inquirenti – fece il grande salto, trovando facili agganci a Malta e in una società di scommesse internazionale con base proprio nell’isola, accumulando così ricchezze enormi”.

Altrettanto importante sono state le dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Enrico De Rosa, giovane immobiliarista che ha fornito particolari sugli interventi di ristrutturazione del Museo Nazionale della Magna Grecia svelando le tangenti versate nel 2010 dalla “Co.Bar. spa”, per un totale di oltre un milione di euro, a Giovanni De Stefano, figlio del defunto boss Giorgio De Stefano, assassinato in Aspromonte nel 1977.

Sedici, complessivamente, le società e gli immobili riconducibili ai quattro imprenditori fermati o a loro prestanome, per un valore prossimo ai 50 milioni di euro, posti sotto sequestro. Un patrimonio immobiliare enorme che comprendeva ben 120 appartamenti tutti appartenenti al solo Carmelo Ficara, proprietario anche di numerosi terreni e cantieri edili.

“Quanto sia consistente la forza intimidatrice dei De Stefano-Tegano su Reggio Calabria e la sua provincia – ha detto il Procuratore Paci – è rappresentato dalla dissuasione di un imprenditore di Gioia Tauro che avrebbe voluto investire nella realizzazione di un secondo ‘Bingo’ nella zona sud della città. Tentativo conclusosi con un nulla di fatto per l’impossibilità di intaccare il monopolio esercitato dalle cosche storiche cittadine”.

(di Filippo Diano/ANSA)

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