Mostre: Canaletto, maestro di luce

ROMA. – La precisione maniacale dei dettagli nelle vedute di Venezia e di Londra, unita alla capacità di interpretare il mondo con una visione personale che non tradisce la realtà ma la arricchisce. E poi la luce, limpida e a volte anche drammatica e piena di chiaroscuri, che riempie lo sguardo e definisce le atmosfere.

C’è tutta la personalità di Canaletto, al secolo Giovanni Antonio Canal (1697 – 1768), nella mostra che Palazzo Braschi di Roma dedica al pittore veneziano dall’11 aprile al 19 agosto, in occasione del 250/o anniversario della morte. Intitolata “Canaletto 1697 – 1768”, l’esposizione presenta il più grande nucleo di opere dell’artista mai esposto in Italia: 9 disegni, 16 libri e documenti d’archivio e ben 42 dipinti, provenienti non solo da istituzioni museali italiane ma anche da importanti musei internazionali come il Pushkin di Mosca, la National Gallery di Londra, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo di Belle Arti di Budapest, e da collezioni private britanniche.

Prestiti dunque eccezionali per una mostra impegnativa, realizzata dopo 2 anni di lavoro e il cui costo ammonta a quasi un milione di euro, che ha l’ambizione di raccontare con grande rigore tutta la carriera di Canaletto, andando oltre gli stereotipi. Lungo 9 sezioni, il percorso svela come Canaletto, dall’attività di scenografo teatrale, è poi diventato l’artista che ha rivoluzionato il genere della veduta.

Dapprima la gioventù tra Venezia e Roma, città che lo inebria con la sua storia millenaria e in cui realizza i suoi capricci archeologici, pieni di rovine di templi e colonnati, opere che risentono della sua formazione teatrale; poi le prime vedute, nelle quali la sperimentazione è continua: a questa fase appartengono capolavori come Il Ponte di Rialto da nord e Il Canal Grande con Santa Maria della Carità, nei quali brilla una luce che sembra naturale.

Il successo arriva, in Italia e all’estero, con mecenati che gli offrono commissioni importanti: di questo periodo è il Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell’Ascensione. Il talento di Canaletto, nelle cui opere c’è la cultura del secolo dei Lumi, ma anche la musica, il teatro, le conquiste sociali e tecnologiche dell’epoca, è tale che anche gli inglesi appassionati del Grand Tour (grazie anche all’attività del mecenate Joseph Smith) non possono rinunciare ad avere una sua tela.

Dopo la parentesi di Padova, unica città al di fuori di Venezia e Roma ritratta da Canaletto, il pittore approda a Londra: qui egli riesce a cogliere dell’Inghilterra non solo il paesaggio, con le vedute della città dal Tamigi e le residenze di campagna, ma anche la società.

Proprio in questi anni Canaletto dipinge “Representation of Chelsea College, Ranelagh House, and the River Thames”: la tela del 1751, che in seguito venne tagliata in due, ora è eccezionalmente riproposta nel suo progetto originario, con entrambe le parti (la sinistra conservata in Inghilterra, presso Blicking Hall, National Trust, e quella destra a Cuba al Museo Nacional del bellas artes de la Habana).

La mostra si chiude con gli ultimi anni trascorsi a Venezia, in cui l’artista realizza vedute della città e si dedica soprattutto ai disegni. “La mostra documenta la capacità di Canaletto di rappresentare una realtà solo apparentemente topografica ma i cui dettagli sono invece inseriti con grande discrezionalità secondo una visione personale”, dice la curatrice Bożena Anna Kowalczyk, sottolineando l’importanza di raccontare l’artista proprio a Palazzo Braschi, edificio che, come il pittore, è emblema del ‘700 e della sua cultura.

(di Marzia Apice/ANSA)