Italia concorde sul no a raid. Gentiloni: “Solo supporto”

Il primo ministro Paolo Gentiloni riceve il presidente francese Emmanuel Macron, a Palazzo Chigi. ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – La politica italiana si ricompatta sul no ai raid contro la Siria e dice di confidare soprattutto nella diplomazia senza però, sottolinea il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, rinunciare a dare “supporto logistico alle attività delle forze alleate, contribuendo a garantirne la sicurezza e la protezione”. Roma si allinea così con Berlino, che ha detto no a qualsiasi azione militare, e ribadisce la condanna alle armi chimiche.

Una soluzione “stabile e duratura” per la Siria potrà venire lavorando per la pace e dando spazio alle Nazioni Unite, è la convinzione del premier, che ha avuto diversi contatti internazionali sulla questione siriana, tra cui una telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel. E sulla linea della “lealtà” alla Nato ma contro “azioni militari unilaterali” si schiera il leader della Lega Matteo Salvini, mitigando la posizione più filo-russa di ieri.

In carica per gli affari correnti, Palazzo Chigi si ritrova a dover gestire uno scenario complesso che irrompe inevitabilmente anche nelle consultazioni che si tengono al Quirinale alla ricerca di un’intesa per la formazione del nuovo governo: il crescendo di tensioni che vede confrontarsi aspramente Usa e Russia preoccupa infatti il presidente della Repubblica, fa sapere Juliane Unterberger, presidente del Gruppo per le Autonomie del Senato, al termine del colloquio al Colle.

E il tema viene toccato da tutte le forze politiche durante le dichiarazioni, a partire da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Finito nel mirino delle polemiche per le affermazioni contro i bombardamenti e contro le scelte dell’amministrazione americana, Salvini, d’intesa con Fi, assicura che un eventuale governo di centrodestra sarà pronto a garantire la lealtà alla Nato anche se resta contrario a interventi unilaterali. L’obiettivo sarebbe ritrovare lo spirito di Pratica di Mare aiutando, è la tesi, un riavvicinamento tra Mosca e Washington.

Diplomazia è anche la parola invocata da Di Maio: la richiesta è di “massima chiarezza” su quanto è avvenuto a Duma e dunque sull’uso dei gas chimici che sarebbe “intollerabile”, ma in “un’ottica di pace”. La parola chiave per il leader pentastellato è “diplomazia” ed è su questa linea che è pronto a spendersi una volta arrivato a Palazzo Chigi, dice.

E se le consultazioni per la nascita dell’Esecutivo, a più di un mese dalle elezioni, non consentono ai due partiti usciti vincitori dalle urne di fare nell’immediato un passo avanti per l’eventuale costruzione di un’intesa, Lega e M5S si ritrovano un po’ meno distanti sul fronte della politica estera, in sintonia anche con il governo in carica e il Pd, che conferma la posizione a fianco dell’Alleanza atlantica e la scelta di utilizzare le armi del dialogo e non quelle militari.

Conquistata una linea comune, secondo Emma Bonino (che con Enrico Letta è stata alla guida della Farnesina) ora sarebbe importante evitare “ondeggiamenti pericolosi a discussioni sul se, come e quando intervenire, magari utilizzando gli strumenti del diritto internazionale”.

(di Chiara Scalise/ANSA)

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