Significato e origine di: Sciavecarìe

Manifestazione storica La Sciabica

Sciavecarìa: parola della lingua napoletana che, nel nostro lessico famigliare, indica qualche cosa da mangiare, o da spizzicare, che leva l’appetito, o meglio che non nutre sufficientemente; e di conseguenza non fa tanto bene alla salute. Almeno così ho imparato a percepirla – e quindi anche ad usarla – in quanto con questo preciso significato la usava mia madre. Specialmente quando con essa indicava soprattutto quei prodotti che si vendevano sulle bancarelle – o quelle fisse stanziate davanti alle scuole o quelle estemporanee che si vedevano durante le feste di paese. Cibo che non era né dolci, né frutta, né merendine: tutte quelle cose, insomma, che, dalle nostre parti, si chiamavano anche con l’espressione, “ ‘u spasso”. Indicando così, nello stesso tempo, e “lo sfizio” che esse procuravano e “il passeggio” che di solito si accompagnava con il loro consumo, secondo le due accezioni che la parola napoletana “spasso” può assumere (polisemia).

Un’analisi più completa o più dettagliata della parola “sciavecarìa” che ne chiarisca i tratti semantici, ci porterebbe ad una comparazione di tutti i possibili significati, oltre al controllo del suo molteplice uso mediante metafora. Operazione per la quale sarebbe indispensabile la più ampia documentazione delle testimonianze della tradizione orale – oltre che delle fonti letterarie – attestanti la presenza di questo vocabolo.

Mi limiterò invece alla lingua viva, e alla pratica comunicativa attenta e consapevole del ristretto ambito, a me familiare, dell’idioletto del nostro gruppo sociale e della realtà socio-economica del territorio: una regione marittima dove è rimasta viva la memoria della pesca con la sciabica.

La sciabica era un tipo di rete che veniva usata per la pesca a strascico praticata da terra. I pescatori (gli sciabicotti) dalla riva, o stando con i piedi in acqua fino alle ginocchia, trascinavano verso terra – afferrandone le due estremità – la rete (napoletano: ‘a sciàveca), dopo averla lanciata in mare, a mano, in un ampio cerchio. Ma sciabica era detta anche la barchetta, qualora la utilizzassero, usata per distendere la rete, anziché lanciarla a mano. Oppure, anche la stessa intera operazione di pesca.

E sciabica era anche la quantità di pescato raccolto dopo ogni operazione.

Allora possiamo tranquillamente desumere che sciavicherìa sia tutto quanto abbia a che fare con questo tipo di attività marinaresca.

Ora, ritornando alla portata semantica di sciavecaria così come descritta secondo l’uso che se ne fa nella nostra parlata, si comprende come la sua pertinenza sia proprio in riferimento alla parola sciabica e alla pratica di questa attività produttiva. Perciò il suo significato è conseguenza del significato di sciabica. Cioè un tipo di pescato assortito, non di pregio, né per quantità né per qualità. E da qui, attraverso la metafora, anche il significato con cui mia madre utilizzava la parola in oggetto.

Quanto poi alla sua origine la si fa derivare dell’arabo, con o senza la mediazione della lingua spagnola.

Più probabilmente però la parola è entrata nella lingua italiana (toscana) attraverso il siciliano.

Luigi Casale