L’India in piazza per Asifa, stuprata e uccisa a 8 anni

Le proteste in India. EPA/SANJEEV GUPTA

ROMA. – Asifa Bano, otto anni, musulmana, stuprata e uccisa da un gruppo di estremisti indù che voleva dare una lezione alla comunità islamica di Khatua, nello stato indiano di Jammu e Kashmir. E stavolta, per l’India, il caso diventa nazionale. L’indignazione dilaga sul web, lo scontro religioso si fa politico mentre il premier Narendra Modi tace e Rahul Gandhi porta in piazza il Partito del Congresso, le celebs di Bollywood scendono in campo, giornali e tv si indignano.

I dettagli sono agghiaccianti, come il muro di omertà che ha tentato di coprire la verità. La piccola, di una piccola tribù nomade, pascolava i cavalli quando è stata vista l’ultima volta vicino al suo villaggio. Era il 10 gennaio. Una settimana dopo il ritrovamento del corpicino martoriato con i segni della violenza sessuale. A ordinare il rapimento e lo stupro, un funzionario del governo in pensione. A eseguirlo un branco di amici e parenti, compresi alcuni poliziotti.

L’hanno rapita, portata in un tempio indù, drogata, violentata e strangolata. Poi l’hanno colpita ripetutamente alla testa con pietre. Ma la vicenda è diventata pubblica solo qualche giorno fa, quando documenti e prove sono stati depositati in tribunale ed è trapelato che un gruppo dell’estrema destra indù ha tentato di coprire il tutto.

Allora è scoppiata la rivolta contro l’ennesima morte assurda di una delle tante adolescenti e bambine che in India cadono sotto i colpi di una violenza che vede nelle donne le vittime sacrificali di faide, regolamenti di conti, istinti bestiali spesso impuniti o avvolti dal silenzio complice di troppi. E con l’hashtag #JusticeForAsifa la rabbia ha invaso la rete.

“La pena capitale è l’unica legge di cui abbiamo bisogno per gli stupratori”, scrive Komal, mentre Suidarsan posta la foto di un ritratto di Asifa fatto con la sabbia della spiaggia di Puri e la scritta “vergogna per l’umanità”. “Basta essere indù o musulmani… siamo indiani”, si esaspera Jigar. Rahul Gandhi twitta, rivolto a Modi, “Signor primo ministro, il suo silenzio è inaccettabile… L’India aspetta”, e raccoglie in pochi minuti oltre 16.000 like e più di 7.000 retweet dopo aver guidato, nella notte, una fiaccolata di protesta all’India Gate di New Delhi.

Il caso della piccola è esploso anche dopo le forti polemiche suscitate dai tentativi di insabbiare un altro stupro, compiuto lo scorso anno nello Stato di Uttar Pradesh da un leader locale del partito di governo Bharatiya Janata Party (Bjp) e da suo fratello ai danni di una giovane di 17 anni, attratta con l’inganno di una proposta di lavoro.

Ora per la morte di Asifa sono accusati di omicidio otto uomini, compresi quattro poliziotti. E il padre della piccola, Muhammad Yusuf Puiwala, che ha abbandonato il villaggio insieme alla sua famiglia, chiede la pena di morte per quella piccola dagli occhi grandi e dal vestitino viola a fiori la cui foto rimbalza ovunque sul web. Lo stesso vestito con cui gli assassini hanno rivestito il corpo, dopo averlo lavato per tentare di cancellare le prove.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)