Gentiloni: “No escalation”. Siria preme, ma è stallo partiti

il commissario all'economia Paolo Gentiloni.
il commissario all'economia Paolo Gentiloni. Foto archivio.

ROMA. – Non sono partiti dalle basi italiane gli aerei alleati che hanno attaccato la Siria. E il nostro governo, in asse con la Germania, afferma con forza che l’azione “mirata e motivata” contro l’uso di armi chimiche, “non può e non deve dare inizio a un’escalation”.

E’ Paolo Gentiloni, a metà mattinata, a comunicare agli italiani la posizione del nostro Paese sulla Siria. Il premier, che nella notte è stato preventivamente informato dell’attacco, parla dopo aver sentito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E conferma una linea non interventista che vede d’accordo i principali partiti.

Ma la crisi siriana irrompe nelle trattative per il nuovo governo e alza la tensione. “Impone di accelerare”, concordano Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Ma i famosi ‘progressi’ attesi al Quirinale non ci sono. Il Colle conferma il “timing” che dovrebbe portare Mattarella a una decisione su un mandato esplorativo o un pre-incarico non prima di martedì. E l’urgenza del dossier Siria non solo non scioglie i nodi, ma fa litigare Salvini e Berlusconi e vede distanti anche un Luigi Di Maio “atlantista” e un Salvini “filo-russo”.

L’Italia si risveglia con sugli schermi le immagini dei missili lanciati su Damasco da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Gentiloni, avvertito nella notte, segue gli sviluppi in contatto con le cancellerie europee. Ma la linea, su cui riferirà martedì alle Camere come in molti chiedono, era stata definita nei giorni scorsi, in asse con Angela Merkel.

Il governo di Roma conferma la “forte” alleanza con gli Usa e definisce “motivato” l’attacco alle basi di fabbricazioni di armi chimiche. Ma a differenza di Londra e Parigi sceglie di non intervenire e non far partire gli attacchi dalle basi italiane. “Non è troppo tardi” perché la diplomazia cerchi una soluzione, mentre si “mettono al bando le armi chimiche”, dichiara Gentiloni dopo aver sentito l’inviato Onu Staffan De Mistura.

La premier britannica Theresa May al telefono gli conferma che l’azione è mirata: nessuna escalation. Ha fatto bene il premier, dice Salvini, a non far partire gli attacchi dall’Italia. Ma Berlusconi, che è in tour elettorale in Molise, coglie al balzo la palla delle bombe in Siria per avocare al centrodestra il governo: “Serve un esecutivo forte perché ora abbiamo un governo che non conta niente”, attacca, mentre gli esponenti di Fi invocano lo spirito “di Pratica di mare” che portò al dialogo tra Usa e Russia.

Tutt’altri sono i toni di Salvini. Il leghista si schiera con il “lungimirante” Putin e attacca la scelta di Trump e Macron: “Ancora cerchiamo le ‘armi chimiche’ di Saddam, paghiamo la folle guerra in Libia e qualcuno col grilletto facile insiste coi ‘missili intelligenti’, aiutando i terroristi islamici quasi sconfitti. Fermatevi”, scrive su Twitter Salvini. “Meglio tacere”, lo zittisce Berlusconi, come se avere una linea univoca in politica estera fosse mero dettaglio per ottenere l’incarico di governo.

Più in linea con il governo e il Pd che con Salvini, appare anche Di Maio, che invoca “l’azione diplomatica e umanitaria” ma si schiera “al fianco dei nostri alleati”, con l’auspicio di una “Europa coesa”. I leader di Lega e M5s non dovrebbero vedersi domani al Vinitaly, dove saranno entrambi. E come un macigno sul dialogo pesano le parole di Berlusconi: sarebbe “pericoloso” un governo M5s e “ingiustificabile” un incarico a Di Maio, dice il Cavaliere.

“La pazienza è finita”, sbotta Salvini: “Sono pronto a guidare il Paese” ma se M5s e Fi non “fanno un passo a lato” consentendo un governo M5s-centrodestra, si “torna al voto”. Se proseguirà lo stallo tra i partiti, Mattarella potrebbe però dare in settimana (non prima che Gentiloni abbia riferito in Aula sulla Siria) un mandato esplorativo alla presidente del Senato Elisabetta Casellati (“Sarebbe difficile dire di no”, commenta lei) o a Roberto Fico.

Ma restano in campo tutte le ipotesi, tanto che crescono le voci su un possibile governo di unità nazionale. Pd e Fi, che non sarebbero contrari, per ora negano e restano in attesa delle scelte di Mattarella.

(di Serenella Mattera/ANSA)