Renziani contro Calenda, ma il Pd aspetta la rottura M5S-Lega

Carlo Calenda in una sezione del Pd a Roma
Carlo Calenda in una sezione del Pd a Roma (foto archivio) © ANSA

ROMA. – Il Pd comincia a ragionare a quelli che Piero Fassino ha chiamato “scenari nuovi”, nel caso in cui non prenda corpo il patto tra M5s e Lega per dar vita al governo. Scenari nuovi che non destano l’entusiasmo al Nazareno ma rispetto ai quali si potrebbe dover modulare la risposta in modo nuovo rispetto al semplice “siamo all’opposizione”.

A gettare il sasso nello stagno è stato un neo-tesserato di peso come Carlo Calenda che, in caso di fallimento dell’entente Di Maio-Salvini, ha ipotizzato che sia il Pd a proporre “un Governo di transizione sostenuto da tutte le forze e la formazione di una commissione bicamerale sulle riforme istituzionali”. Ipotesi che ha ricevuto subito il “non possumus” dei renziani, come Anna Ascani, Dario Parrini, Ernesto Magorno e Sandro Gozi: l’iniziativa “spetta ad altri, a chi ha avuto maggiori consensi il 4 marzo” ha detto Luca Lotti.

Non che i Dem si tirino fuori da un possibile governo istituzionale (“il governo che Mattarella prefigurerà” lo definisce Luigi Zanda), tanto è vero che Ettore Rosato ribadisce la disponibilità a incontrare chi riceverà l’incarico dal Capo dello Stato. Ma occorre che prima Salvini e Di Maio “prendano atto del loro fallimento” dice Lorenzo Guerini. A fare innervosire tutti i dirigenti democrat, compreso il premier Paolo Gentiloni, sono state le affermazioni di Matteo Salvini che ha rinviato le trattative del governo a dopo il voto in Molise (il 22 aprile) e nel Friuli (28 aprile).

“Trovo veramente assurda – è sbottato il reggente Maurizio Martina – l’idea di Salvini per cui il Paese deve aspettare i suoi tornaconti elettorali. Il Paese ha già votato e adesso chiede risposte, non propaganda”, per di più usando Molise e Friuli come “cavie da laboratorio”. E anche il premier prende posizione: “Francamente mi sembra un modo imbarazzante di interpretare il carattere speciale dell’autonomia del Friuli dire che le elezioni di questa regione servono a decidere i rapporti di forza e di schieramento politico a Roma”.

Il timore è dunque quello che il prolungato tira e molla interno al centrodestra e tra questo e M5s, faccia saltare un successivo tentativo di governo istituzionale, visto che Lega e M5s potrebbero sfilarsi, conducendo a un ulteriore scenario, imbarazzante per il Pd: quello di un rinvio del governo Gentiloni alle Camere, per chiedere una fiducia tecnica che gli consenta di arrivare a elezioni in autunno. Uno scenario su cui da oggi i boatos hanno cominciato a rimbalzare nel Palazzo.

In casa Dem non si crede molto a questa ipotesi ma tutti i rinvii della soluzione imposti da Salvini e Di Maio, bloccano anche l’avvio della sistemazione interna del Pd, a cominciare dall’Assemblea nazionale che verrà convocata solo dopo la nascita del governo. I delegati hanno ricevuto la lettera di rinvio, che Martina sperava comunque di poter convocare l’Assemblea dopo poche settimane.

Il reggente ha partecipato alla Direzione regionale dell’Emilia Romagna e domani sarà nell’importante circolo romano dell’Ostiense: lavora cioè sui territori, sul rilancio dell’attività dei circoli, necessaria per rivitalizzare il confronto interno nei prossimi mesi. Martina infatti intende confermare la propria candidatura a segretario da portare in Assemblea, evitando un immediato congresso che provocherebbe “conte e divisioni” se prima non ci sarà un confronto sulle prospettive del Pd e del centrosinistra. Intanto Matteo Renzi è volato in Qatar, rimarcando la propria distanza dal dibattito interno, ma la decisione se tenere o meno subito il congresso divide anche la sua area.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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