Risale aspettativa di vita, ma peggiora la salute al Sud

Foto LaPresse

ROMA. – La notizia positiva è che ritorna a crescere l’aspettativa di vita in Italia, dopo il calo registratosi due anni fa, facendo del nostro uno dei Paesi più longevi al mondo. Quella negativa è che, pur vivendo di più, gli italiani vivono però peggio, soprattutto al Sud. E proprio il Meridione rappresenta un’emergenza, perchè se è vero che oggi in Italia si muore meno per tumori e malattie croniche, ciò vale solo nelle regioni dove la prevenzione funziona, ovvero principalmente al Nord. Nel Mezzogiorno, invece, il tasso di mortalità per queste malattie è maggiore di una percentuale che va dal 5 al 28% e la Campania è la regione con i dati peggiori.

E’ questa l’istantanea dell’Italia della salute: un Paese ‘a due velocità’ e con un profondo divario tra Nord e Sud. A dirlo sono i dati del Rapporto Osservasalute 2017, pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane che ha sede all’Università Cattolica di Roma, frutto del lavoro di 197 ricercatori distribuiti su tutto il territorio.

Ad emergere è dunque, innanzitutto, un divario Nord-Sud “divenuto ormai insopportabile e contrario alla nostra stessa Costituzione, a tutela della salute di tutti i cittadini”, ha affermato il direttore dell’Osservatorio e presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Walter Ricciardi, che per questo lancia un appello al futuro governo perchè si pensi ad “una sorta di Piano Marshall per il Sud”.

L’aspettativa di vita nel Paese, ha sottolineato, “è diseguale e nel Mezzogiorno si vive in media fino a 4 anni in meno”. Ed i dati sono chiari: in Campania, ad esempio, si registra un +28% di mortalità per tumori e malattie croniche rispetto alla media nazionale del 2,3%, in Sicilia la mortalità è del +10%, in Sardegna è del +7% ed in Calabria è del +4,7%.

Laddove invece la prevenzione funziona, e cioè principalmente al Nord, la salute degli italiani, avverte il Rapporto, “è più al sicuro”. Infatti, le regioni con la mortalità precoce più bassa risultano l’Umbria (204,7 per 10.000), l’Emilia-Romagna (205,8 per 10.000) e il Veneto (206,9 per 10.000).

Nel sud Italia, inoltre, 1 persona su 5 dichiara di non aver soldi per pagarsi le cure, quattro volte la percentuale osservata nelle regioni settentrionali, ciò a fronte di una spesa out of pocket (da parte dei cittadini) per la salute che negli ultimi anni è aumentata, mediamente, di circa l’8,3% (2012-2016) ma in maniera disuguale nel Paese.

Il Rapporto lancia anche un ulteriore allarme, quello relativo agli anziani non autosufficienti che in soli 10 anni supereranno i 6 milioni: “Ci troveremo di fronte a seri problemi per garantire un’adeguata assistenza agli anziani – avverte il direttore scientifico dell’Osservatorio, Alessandro Solipaca – perché la rete degli aiuti familiari si va assottigliando a causa della bassissima natalità e della precarietà dell’attuale mondo del lavoro che non offre tutele ai familiari caregiver”.

Quanto agli stili di vita, migliorano anche se lievemente: gli italiani tendono a fare più sport, ma scontano ancora tanti problemi, in primis quelli con la bilancia (nel periodo 2001-2016 è aumentata la percentuale delle persone in sovrappeso: 33,9% contro 36,2% ed è aumentata la quota degli obesi). Anche il vizio del fumo dal 2014 resta praticamente stabile (al 2016 si stima fumi il 19,8% della popolazione over-14 anni) ed aumentano i bevitori di alcolici.

(di Manuela Correra/ANSA)

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