Nuovi scioperi commercio il 25 aprile e 1 maggio

Persone davanti alle vetrine di un negozio che propopne la svendita dei prodotti. Commercio.
Persone davanti alle vetrine di un negozio che propone la svendita dei prodotti. Commercio.

ROMA. – E’ di nuovo sciopero nel commercio in occasione delle giornate di festività alle porte. Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil rinnovano la mobilitazione e chiamano i lavoratori ad incrociare le braccia anche il 25 aprile e il primo maggio e poi il 2 giugno, dopo le ultime proteste di Pasqua e Pasquetta. Proteste ancora a livello regionale e territoriale, che accendono i riflettori sulle aperture h24 e 365 giorni l’anno di negozi, grande distribuzione e centri commerciali, contro la totale liberalizzazione.

I sindacati hanno proclamato scioperi regionali nel Lazio, in Puglia, in Sicilia e in Toscana (in quest’ultima soltanto domani con lo slogan ’25 aprile festa di libertà’), in Liguria (indetto dalla Filcams, mentre da Fisascat e Uiltucs è arrivato un appello all’astensione dal lavoro). Scioperi a livello territoriale in Lombardia e appelli ad astenersi dal lavoro in Piemonte, in Emilia Romagna e in Umbria.

“Credo che sia profondamente sbagliato avere i negozi aperti nelle tre feste civili del nostro Paese, il 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno”, dice la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, chiedendo perché non si possa riconoscere “a tutti coloro che non sono in servizi essenziali di poter partecipare a iniziative, manifestazioni e di trascorrere del tempo libero”.

Nel complesso, secondo stime della Cgia di Mestre, sono quasi 5 milioni le persone che sia il 25 aprile sia il primo maggio passeranno la festa al lavoro. Con una presenza più elevata nel settore degli alberghi-ristoranti, nella sanità e nel commercio. I sindacati di categoria tornano a difendere “il valore sociale” delle festività e rilanciano la necessità di regolamentare il calendario delle aperture domenicali e festive nel commercio, “ormai allo sbando” dopo il decreto ‘Salva Italia’.

E di regolamentare anche, attraverso la contrattazione decentrata, una flessibilità volontaria e retribuita. “Il giorno di festa non può essere dedicato al lavoro”, dice la Fisascat. “La festa non si vende”, è la campagna che da oltre sei anni la Filcams porta avanti. La completa liberalizzazione degli orari e delle aperture degli esercizi commerciali “si sta rivelando disastrosa – dicono le sigle sindacali – non ha portato un aumento dell’occupazione e dei consumi. Sono peggiorate le condizioni di lavoro. E’ aumentata solo la precarietà. No a lavorare per le feste!”.