Bce prende tempo, fra guerra commercio e mini-inflazione

FRANCOFORTE. – La politica monetaria ultra-espansiva della Bce sarà pure arrivata al capolinea, ma Mario Draghi prende ancora tempo: nessuna decisione sul ritiro progressivo degli acquisti di debito è attesa al consiglio direttivo di domani: la Bce potrebbe sciogliere le riserve non prima di luglio. La fine del ‘quantitative easing, o meglio degli acquisti netti di titoli (visto che la Bce continuerà ad acquistare bond man mano che verranno a scadere quelli che ha in pancia), è per gran parte degli economisti per scontata nell’ultimo trimestre dell’anno.

I più scommettono su un ‘tapering’ graduale: dopo aver acquistato un totale di oltre 2.500 miliardi di euro, portato gli acquisti a 80 miliardi al mese riducendoli poi a 30, ci si aspetta una riduzione veloce a circa 35 miliardi complessivi nell’arco degli ultimi tre mesi dell’anno. La manovra dovrebbe essere adottata a settembre, ma la Bce dovrebbe comunicarlo ai mercati in anticipo.

Ma se fino al mese scorso la metà degli economisti si aspettava una annuncio a giugno, ora solo il 36% la vede così. Un quarto dei rispondenti a un sondaggio della Bloomberg propende ora per giugno, un altro quarto addirittura punta sul meeting di settembre. Sono aspettative che sembrano radicate nella realtà, visto che dalla Bce trapela – come scrive la Bloomberg – che una buona parte dei governatori – nonostante il pressing della Bundesbank – propendono per aspettare fino a luglio per segnalare la fine del Qe.

E alcuni di loro non vedrebbero alcuna necessità di segnalare nella stessa occasione un cambiamento alla ‘guidance’ sui tassi d’interesse, che al momento prevede di mantenerli ai minimi record “ben oltre” la fine del Qe: meglio aspettare cosa succede nei mercati con l’annuncio sul quantitative easing e poi decidere.

Non c’è fretta, sembra insomma essere diventato il motto nel grattacielo di Sonnemanstrasse a Francoforte. Del resto è il segnale inviato da Draghi a Washington: la crescita di Eurolandia è robusta – ha detto il presidente della Bce – e il momento positivo continuerà anche se alcuni indicatori sembrano suggerire il raggiungimento del picco del ciclo. Ma servono ancora “pazienza, perseveranza e prudenza”.

La ragione di tanta cautela è un’inflazione ancora inchiodata ben al di sotto dell’obiettivo del quasi 2% che la Bce ha per statuto: a marzo è stata rivista in peggio, all’1,3% dall’1,4% iniziale. E poi ci sono i segnali sulla crescita: certo, nel 2017 l’Eurozona ha registrato l’espansione economica più forte di un decennio.

Ma è una ripresa che va avanti da un po’ (già il 2016 era stato un anno molto forte) e che ora comincia a dare segnali di stanchezza: lo dicono i dati di fiducia e la produzione industriale, e ci sono i rischi dati dal protezionismo che rialza la testa, dalla guerra commerciale innescata dal presidente Usa Donald Trump che minaccia la crescita globale, per non parlare del rallentamento della Cina evidenziato dal Fondo monetario internazionale.

(dell’inviato Domenico Conti/ANSA)

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