Sensori e batterie solari, circuiti 3D stampati sulla pelle

ROMA. – Sensori in grado di rilevare sostanze chimiche e batterie solari per ricaricare un computer indossabile stampati direttamente sulla mano: sono le possibili applicazioni del primo circuito elettronico che si stampa in 3D sulla pelle. La versione biologica di questa tecnologia, inoltre, può riparare le ferite e curare alcune malattie della pelle, come ha dimostrato la sperimentazione sui topi.

Pubblicato sulla rivista Advanced Materials, il risultato si deve ai ricercatori dell’università americana del Minnesota, guidati da Michael McAlpine. Il segreto del circuito è un inchiostro fatto di scaglie d’argento che si stampa a temperatura ambiente, a differenza di altri materiali che avrebbero richiesto temperature elevate, di circa 100 gradi, tali da bruciare la pelle. Inoltre, questo inchiostro si rimuove facilmente dopo l’uso, staccando il dispositivo con una pinzetta oppure lavando la pelle con l’acqua.

“Siamo entusiasti del potenziale di questa tecnologia che utilizza una stampante portatile e leggera che costa meno di 400 dollari” ha rilevato McAlpine. “Immaginiamo – ha aggiunto – che un soldato possa estrarla dallo zaino per stampare sulla sua mano un sensore o un altro dispositivo”. In questo modo la tecnologia “diventerebbe in futuro una sorta di ‘coltellino svizzero’, hi-tech, con tutto ciò di cui un soldato ha bisogno”.

Una delle innovazioni chiave della nuova tecnica è che la stampante in 3D può adattarsi a piccoli movimenti del corpo durante la stampa. “Questa stampante – ha detto McAlpine – è in grado di tracciare il movimento e adattarsi in tempo reale, così la stampa del circuito elettronico viene eseguita senza uscire dai contorni stabiliti, anche se la persona non è completamente ferma”.

Oltre che nel campo dell’elettronica indossabile, la tecnica apre la strada anche ad applicazioni mediche, per esempio per curare ferite e ustioni e trattare malattie che causano la lacerazione della pelle, perché permette di stampare la pelle sintetica direttamente sulla parte lesionata.

In questo caso però viene usato un inchiostro diverso: un gel a base d’acqua, arricchito con cellule della pelle coltivate in laboratorio. Collaborando con l’esperto di queste malattie, Jakub Tolar della stessa università, il gruppo ha sperimentato la tecnica sui topi, stampando la pelle sintetica sulle loro ferite.

(di Monica Nardone/ANSA)